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Firenze

Restituzioni 2011 - Tesori d'arte restaurati
22 marzo - 5 giugno 2011
- Galleria Palatina e Appartamenti Reali, Palazzo Pitti

La presentazione di Carlo Bertelli curatore scientifico di RESTITUZIONI 2011


© www.zoomedia.it - vanna innocenti - 21 marzo 2011
"Restituzioni 2011 - Tesori d'arte restaurati". Nell'immagine, il curatore, professor Carlo Bertelli davanti alla scena "La punizione e il premio delle anime dopo la morte" del fregio robbiano di Poggio a Caiano. Anteprima alla mostra di Restituzioni 2011 nella Sala Bianca di Palazzo Pitti.

Presentazione di Carlo Bertelli, curatore scientifico di RESTITUZIONI 2011

" « Tutto ciò che mi circonda è degno, una grande, imponente opera di forze umane congiunte, un monumento superbo, non di un sovrano, ma di un popolo». Così pensava Goethe mentre la gondola scivolava verso San Marco.
Sin dal primo incontro, Goethe non aveva mai separato il popolo dai suoi monumenti. Non era un popolo privo di difetti, certo, ma che, anche se «non si preoccupava troppo della pulizia personale», amava mostrarsi in pubblico e specchiarsi nei monumenti che aveva intorno, e che, secondo Goethe, erano cosa sua.

Giorgio Bonsanti commenta in queste pagine il significato della parola Restituzioni: «restituire comporta un senso di appartenenza recuperata, di riappropriazione di qualcosa che era nostra e che avevamo perduto».
Nel particolarissimo contesto italiano, ogni recupero è un pezzo d’identità sfilacciata che si ricostituisce.
Non sembrerà un pretesto d’occasione, ora, ricordare che la presente edizione di Restituzioni coincide con le celebrazioni dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia.
L’Italia, è stato scritto più volte, si è riconosciuta ed è stata unita nella cultura prima di farsi stato.
Di ciò erano ben convinti gli uomini del Risorgimento.

È vero che oggi tutto è sottoposto a revisione e si dà torto sia a Carlo Pisacane, dai bei capelli d’oro, che all’anonima spigolatrice di Sapri.
Si cambiano nomi alle vie e alle piazze per far dimenticare l’Italia moderna, in una violenza reazionaria che contrasta con la saggezza di Raffaele Cadorna, che il 20 settembre 1870 volle risparmiare la porta che Michelangelo aveva disegnato per un papa milanese e si aprì una breccia con i cannoni.
Il primo colpo fu tirato da un soldato ebreo, indifferente alla scomunica preannunciata da Pio IX e consapevole di portare a Roma la bandiera della tolleranza, innalzata nel 1848 con lo Statuto Albertino.

La nostra consapevolezza storica, e dunque il riconoscimento della nostra identità, marcia di pari passo con la conoscenza e la conservazione dei nostri monumenti.
Il primo passo compiuto dal marchese Scipione Maffei, mentre reclamava una riforma veramente repubblicana dello Stato veneziano, fu la costruzione del Museo Lapidario, cui seguì la monumentale Verona illustrata.
Il museo era stato concepito con finalità eminentemente didattiche, come fonte di coscienza civica.
Accanto alle rare sculture greche, che facevano risalire alle sorgenti della bellezza antica, la raccolta delle iscrizioni dichiarate false doveva stimolare il giudizio critico.

Di questi centocinquant’anni il programma di Restituzioni ha attraversato un buon tratto.
Ebbe inizio nel 1989, per iniziativa di Feliciano Benvenuti, presidente della Banca Cattolica del Veneto, con una mostra di dieci opere restaurate.
Allora dieci opere restaurate per iniziativa d’una piccola banca regionale dovettero sembrare tante.
Poi il programma, sempre curato dalla indimenticabile Fatima Terzo, crebbe velocemente, seguendo le grandi trasformazioni bancarie, accompagnando l’espansione di Intesa Sanpaolo e spingendosi a realizzare progetti che non potevano contemplare l’esposizione in Palazzo Leoni Montanari.
Sono stati restauri memorabili e di grande impegno: la cappella di San Giacomo al Santo, il pavimento musivo del Duomo di Aquileia, gli affreschi di Lanfranco nel Duomo di Napoli…
Ultimo, nel 2009, il restauro degli affreschi del tiburio della chiesa abbaziale di Chiaravalle Milanese, che hanno consentito, oltre tutto, l’avvio a soluzione di uno dei problemi più acuti della pittura fiorentina del Trecento: l’identità del mitico Stefano.

Il criterio dettato nel 1989, e mai abbandonato, rispondeva alle linee che nel 1875 aveva tracciato l’“ispettore generale per le Belle Arti”, il grandissimo conoscitore, il fondatore della scuola italiana di storia dell’arte, Giovan Battista Cavalcaselle.
Il principio di fondo è quello di una tutela coordinata tra territorio e museo, principio che è stato ancora ribadito in tutta la lunga vita dell’amministrazione nazionale e che è stato ancora ribadito, nella situazione nuova creata dal riconoscimento costituzionale delle Regioni, nel 1998 con il DL 112 relativo ai rapporti tra Stato e Regioni.
Lo Stato asseconda l’impegno costituzionale verso il patrimonio culturale attraverso la rete delle Soprintendenze, le quali debbono assicurare gli standard qualitativi degli interventi.

Possiamo correggere in “dovrebbero” perché la scarsezza di fondi, il numero ristretto del personale tecnico e scientifico rendono arduo mantenere gli impegni.
In effetti qualcosa ci è precipitato addosso.
Dopo il devastante terremoto dell’Umbria, quello dell’Abruzzo che ci sta quasi privando di un’intera, bella e storica città. A Venezia, la soprintendente Renata Codello scopre le insidie nascoste all’interno della pietra d’Istria, che sembrava eterna.

Gli interventi dei privati, anche delle grandi banche, non possono certamente affrontare problemi di una tale entità, ma ciò non diminuisce il valore di iniziative come Restituzioni.
Restituzioni punta sull’eccellenza, l’esemplarità delle operazioni, la loro presentazione al pubblico attraverso cataloghi critici di grande impegno scientifico, la stretta collaborazione con le soprintendenze.

Un contributo specifico è nella scelta degli operatori dei restauri. Vige oggi negli enti pubblici - e dunque anche nelle soprintendenze - il criterio delle gare d’appalto al ribasso.
Non sempre il ribasso è il miglior criterio di scelta, specialmente quando si tratti di opere di particolare delicatezza o problematicità.
Restituzioni consente una scelta oculata, ascoltando l’esperienza delle soprintendenze, consapevoli della propria responsabilità.

Un restauro assomiglia spesso a un consulto medico. Non è più l’operazione isolata del grande restauratore, ma il frutto di una consultazione con operatori tecnici, archeologi e storici dell’arte.
Se l’Italia vanta una scuola di restauro internazionalmente riconosciuta, lo si deve al fatto che questa scuola si è formata negli ambiti delle soprintendenze e degli istituti specializzati, nel dialogo con gli organi tecnici del ministero, nell’ascolto delle reazioni del pubblico nelle mostre delle opere restaurate; insomma in una circolazione d’idee e di esperienze.
Purtroppo i tagli di bilancio hanno tenuto chiuso per molto tempo l’insegnamento presso l’Istituto Superiore Centrale del Restauro, che solo in quest’anno accademico è stato riaperto, mentre la diminuzione del personale tecnico costringe le soprintendenze ad affidare gran parte dei restauri all’esterno.
Assistiamo dunque ad una disseminazione delle esperienze e alla dispersione dei giovani che hanno acquisito cognizioni e capacità lavorando presso studi privati.

Restituzioni insiste sulla collaborazione con le soprintendenze, che presenta il vantaggio di una visione complessiva del territorio, e quindi la consapevolezza, al di là del restauro, dei problemi della conservazione e della tutela.
Non ultimo vantaggio è il diretto contatto con opere rilevanti.
È infatti difficile imparare a conoscere la materia costitutiva della qualità se si affrontano soltanto opere secondarie.

Un aspetto significativo del rapporto con il territorio è il largo ventaglio cronologico delle opere.
Di fronte ad un rinvenimento archeologico, la prima domanda è “che cos’ è”, dato che non vi è stata continuità d’uso.
Di conseguenza il restauro di un oggetto di scavo presenta aspetti assai diversi da quello di opere post- antiche, che presentano continuità d’uso.
Ma la divisione cronologica delle soprintendenze, che separa le archeologiche dalle altre, non consente uno scambio di esperienze, sicché anche in questo senso acquistano una singolare importanza le mostre di Restituzioni, che sono non soltanto comprensive di manufatti tra loro tanto diversi, ma presentano un’eccezionale casistica di restauri condotti in una quantità di studi di restauro in regioni tra loro lontane.
Si pensi ai problemi di restauro del vetro, di cui Restituzioni quasi in ogni edizione ha dato esempi istruttivi.
Riflettiamo ancora sulle mostre: l’iniziativa di accompagnare gli oggetti esposti con brevi film documentari della manualità delle operazioni, consente ai visitatori di assistere a dimostrazioni raffinate, quasi veri seminari di restauro.

È inevitabile che il bagaglio di tante mostre, nel corso di ventidue anni, ponga domande di consuntivo.
La prima è chiedersi a che punto è l’applicazione della Carta del Restauro, che a più riprese, dal 1932 al 1972, al 1987 ha subito importanti aggiornamenti.
Generosi tentativi recenti di ulteriore aggiornamento non hanno portato ad una conclusione definitiva, ma hanno fatto percepire quante cose siano cambiate in un’ottantina d’anni.
Basti guardare all’aspetto più macroscopico, il restauro architettonico, per rendersi conto di quanto il pensiero architettonico sia lontano dal restauro purista degli anni Trenta. Anche nella pittura tante cose sono cambiate.
Oggi le vecchie integrazioni appaiono anacronistiche, mentre il rapporto tra virtuale e reale è problematico anche per la museologia come per il restauro.
In questo orizzonte, i piani biennali di Restituzioni, con le relative mostre, si offrono come un grosso e concreto contributo al dibattito.

L’edizione odierna di Restituzioni si presenta in prima visione a Firenze.
Si ritiene, giustamente, che la breve stagione di Firenze capitale del Regno (1865 -1871) abbia dato una forte scossa ai nostri governanti, i quali sentirono su di sé la responsabilità della tutela di un patrimonio eccezionale guardato con attenzione da tutto il mondo.
Giovò allora la cultura internazionale di Giovanni Battista Cavalcaselle, mentre Giovanni Poggi compì un vero miracolo con la creazione del Viale dei Colli e facendo del Davide di Michelangelo, ingrandito a misura di panorama, lo spettatore della città.

Nell’armoniosa architettura della biblioteca di San Marco, disegnata da Michelozzo, accoglie i visitatori il Tabernacolo dei Linaioli, «una visione di Paradiso, dove l’oro si fa luce e la luce si fa stoffa d’ oro, dove le stelle punteggiano la volta celeste col rigore di un tessuto allucciolato, scorciato in un’impeccabile prospettiva», come scrive Cristina Acidini Luchinat nello specifico catalogo, né si potrebbe scrivere meglio.

A parte la grande suggestione del tabernacolo dell’Angelico, esposto entro una architettura cui non era destinato, ma che è del tutto consentanea alla personalità dell’autore, al di là dell’emozione che si prova ogni volta che lo si ritrova proprio là in quello stesso convento in cui era stato robabilmente dipinto, vi sono state altre ragioni per non spostare l’opera in un’altra sede a Firenze, né tanto meno a Vicenza.
Sono valse alcune considerazioni.
La prima è circa il rischio che correrebbe nel trasporto un’opera piuttosto fragile.
La seconda non è invece d’ordine tecnico, ma risponde a quanti si preoccupano della conservazione.
Salvo poche eccezioni, tutti sono assolutamente contrari alla facilità con cui le opere d’arte vengono spostate per mostre più o meno inutili, di promozione commerciale o diplomatica se non, addirittura, per esporre una sola opera sradicata dal suo contesto, sia pure da un contesto museale.
Quegli spostamenti sono ritenuti giustificati soltanto quando vi sia obiettiva necessità di confronti. E, allora, a quali confronti non si presta il convento di San Marco!

Firenze è presente nella reggia di palazzo Pitti con il magnifico fregio di Poggio a Caiano, di cui discutono in catalogo Cristina Acidini Luchinat, già autrice d’una monografia in proposito, e Stefano Casciu.
È questo solo un esempio della ricchezza del catalogo, in cui si riversano la cultura, la competenza e la curiosità di storici e di restauratori.
Anche i cataloghi di Restituzioni credo che occupino un posto a parte nella ricca produzione di studi italiani, poiché, a differenza di altri cataloghi di mostre, il loro sguardo è puntato soprattutto sul restauro e su ciò che dal restauro è emerso.

Fortunatamente l’iniziativa di Restituzioni non è isolata. Anche ARPAI-Associazione per il restauro del patrimonio artistico italiano è attiva armai da vent’anni e in questa occasione ha instaurato una felice collaborazione con Intesa Sanpaolo.
Quando il progetto fu lanciato, esistevano altre iniziative sorte dall’allarme che l’alluvione del 1966 aveva suscitato nel mondo.
Si trattava di operazioni promosse dall’UNESCO, oppure di associazioni volte a raccogliere fondi destinati a restauri, come “Save Venice”, promossa nel 1967 da un trio di illustri storici dell’arte, John e Betty Mc Andrews e Sidney Freedberg, o “Venice in Peril”, che organizza persino maratone pro Venezia.
Nessuna iniziativa è però simile a Restituzioni, che è un razionale programma finanziato da una sola fonte in accordo con le soprintendenze.
Mi sono però permesso di citare anche iniziative differenti per sottolineare come tutte siano sorte per volontà di cittadini di paesi nei quali il rapporto di fiducia col fisco e la sua severità consentono le sottoscrizioni per la cultura.
Come è noto, non è il nostro caso.
Ma nel frattempo altre idee si stanno affacciando.
L’indomani del disastro della Casa dei Gladiatori a Pompei, John Julian Newich pose, sul «Guardian» del 15 novembre 2010, una questione interessante.
Se i monumenti di una nazione come l’Italia sono riconosciuti come “ patrimonio dell’ umanità”, è giusto che sia solo l’Italia a occuparsene?
Non vi dovrebbe essere una sorta di International Fund?
Mi sembra una domanda intelligente, anche se provocatoria, ma iniziative come la presente esposizione, con tutto il lavoro che l’ha preceduta, propongono un ampliamento del dibattito sulla responsabilità collettiva, affinché continui a battere quello che nell’articolo citato è definito «the cultural heart of Europe».

Saggio pubblicato nel catalogo della XV edizione "Restituzioni 2011. Tesori d’arte restaurati". Edizioni Marsilio.

Conferenza Stampa Restituzioni, intervenuti
© www.zoomedia.it - vanna innocenti - 21 marzo 2011
"Restituzioni 2011 - Tesori d'arte restaurati". Conferenza di presentazione della mostra con, da sinistra, Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, Aureliano Benedetti, presidente di Banca CR Firenze, Cristina Acidini, Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze e, ad interim, dell’Opificio delle Pietre Dure, Carlo Bertelli, curatore scientifico di "RESTITUZIONI" e Giovanni Bazoli, presidente del Consiglio di Sorveglianza Intesa Sanpaolo

Indice "Restituzioni"



Altre informazioni su eventi e mostre a palazzo Pitti e nel giardino di Boboli:
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- Una volta nella vita.Tesori dagli archivi e dalle biblioteche di Firenze
- Lusso ed eleganza. La porcellana francese a Palazzo Pitti e la manifattura Ginori (1800-1830)
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Pagina pubblicata il 03-2011 - Aggiornato il 07-Giu-2015