Presenze di Michelangelo Buonarroti
"La musica, il colore, la pittura, la scultura e l'architettura
sono palpabilmente presenti nella "poetica campaniana". Nella sua
opera che è traduzione letteraria della sua alta cultura decisivo è il
rapporto con la pittura e con la scultura , Giotto, Michelangelo, Raffaello
Leonardo sono fra le citazioni dei Canti Orfici che Campana predilige.
Nel libro "Vita non romanzata di Dino Campana" del 1938 Carlo Pariani
ricorda come "La Notte" nei "Canti Orfici" si divida in
sedici capoversi e nel nono il nome del Buonarroti richiami il plastico atteggiamento
di una scultura: "Michelangelo fece la Notte"." Venne la notte...:
poi che Michelangelo aveva ripiegato sulle sue ginocchia stanche di cammino
colei che piega, che piega e non posa, regina barbara sotto il peso di tutto
il sogno umano, e lo sbattere delle pose arcane e volente delle barbare travolte
regine antiche aveva udito Dante spegnersi nel grido di Francesca..."
La reminiscenza Michelangiolesca è fortissima, si pensi alle figure
femminili, viste sovente come ultime rappresentanti di una serie infinita che
risale fino alle donne antiche, che quasi sempre appaiono con volti e posture
che richiamano le arti figurative di altri secoli. Ricordo, ad esempio, le
cariatidi de La Notte, la Notte di Michelangelo, le figure bizantine. Talora
queste immagini sono esplicite, come la Chimera "suora" della Gioconda
leonardesca, altre volte possiamo ritrovare una traccia chiarificatrice del
testo degli Orfici in altri suoi scritti. Condotto da imperscrutabili stati
d'animo, Dino vagherà nelle grandi città d'Italia e d'Europa
come tra i silenzi delle nevi alpine. O ancora nella dolcezza severa dei paesaggi
autoctoni (tra il presagio dei suoi "divini primitivi", Dante, Leonardo,
Michelangelo, Frate Francesco) o nel vastissimo soffio
della Pampa argentina: unico sincero tentativo d'evasione, questo, verso un
più aperto orizzonte ove tentar di collocare, una volte per sempre,
la propria inattuata (ed inattuabile) realtà.
Per questo e' possibile collocare Campana in una regione culturale tra classicismo
e modernità , tra Michelangelo e Rimbaud.
Comunicazione di Rodolfo Ridolfi Presidente, in occasione del
Convegno
tenutosi a Castelnaudary (Francia) nel dicembre scorso.
Presenze di Giacomo Leopardi
Veggente, visionario, orfico, germanico, mediterraneo,
allucinato, fantastico vagabondo dello spirito, poeta della notte, poeta barbaro,
Rimbaud della Romagna. Queste formule con cui i critici hanno cercato di chiarire
la personalità poetica di Dino Campana non riescono a pieno, nessuna,
ad illuminare "il segreto umano" del poeta perché come tutte
le definizioni limitano in un ambito troppo angusto la materia dell'arte e
dimenticano il rapporto materia e forma da cui nasce il canto.
Non intendo avventurarmi in questa disamina e mi limiterò a sottolineare
come appropriato sia il titolo di questo convegno "o poesia tu più non
tornerai" Campana Moderno. Per rendere un doveroso e sentito omaggio a
questa terra che ci ospita e a questa antica Università di Macerata
voglio ricordare come Campana affermasse di voler "nel paesaggio collocare
dei ricordi". Sul paesaggio aleggia un alone di misteriosa lontananza
molto prossimo a quello del "Canto del pastore errante" di Giacomo
Leopardi. Come il Leopardi, Campana sentì il fascino delle ore crepuscolari,
della luna immota sui campi, delle stelle silenti, del canto che si perde nelle
strade solitarie, della finestra illuminata nel buio nella notte mediterranea,
del silenzio occhiuto di fuochi. Leopardiana è anche la trasfigurazione
fantastica della donna e spesso l'atmosfera lirica ricorda Leopardi.
In questo mio brevissimo saluto vorrei tuttavia esternare una impressione che
in Campana l'attimo è colto nella sua fuggevolezza ma non spegne nell'animo
quell'ansia disperata di libertà destinata a rimanere insoddisfatta.
Scriveva la Inghilleri "Non illuminazione che fende le zone oscurate della
mente, non vaticinio dettato dalle misteriose forze dell'inconoscibile, ma
transumata ebbrezza fuor dei sensi in un'aura pura da umane miserie in quell'ebbrezza
in cui all'uomo giunge più dolce il suono della vita mentre le voci
di dolore si sono mutate in canto. Il linguaggio poetico libero da ogni legame
permette zone di silenzio perché più alto risuoni il canto, campi
d'ombra che fanno più splendido il colore.
Rodolfo Ridolfi Presidente, in occasione del Convegno
tenutosi
all'Università di Macerata "O poesia tu più non tornerai" Campana-Moderno.


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