Storia di persone, luoghi, paesi, monumenti,
oggetti e personaggi della Toscana.
Montemaggio 28 marzo 1944
Sul monte l'eccidio con il maggior numero di vittime dell'area
senese compiuto dai militi della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana).

Loretta Alinari ci ha
inviato:
"Montemaggio - 28 marzo 1944",
oggi, 62 anni dopo
Aladino, Dino, Giovanni, Angiolo, Onelio, Piero, Elio, Livio,
Ezio, Franco, Virgilio, Giovanni, Luigi, Fulco, Emilio, Livio, Emilio,
Enzo, Orvino, Velio, Elvezio, Delfo, Giorgio, Mauro, Alba, Dario, Vasco,
Oscar, Edoardo, Walter, Luigi, Ennio, Giovanni, Milziade, Gabriello, Maria,
Aldo, Arturo, Giulio, Settimio, Narciso, Sabatino, Umberto.
Giorgio Alberto,
Piero, Bramante, Cuset, Costantino, Vittorio, Enrico, Luigi, Alessandro,
Merlino, Angelo, Giuseppe, Paolo, Oris, Marco, Leonello,
Rolando, Arturo, Domenico.
Alcuni sono nomi comuni anche oggi, ma altri, molto belli,
oggi sono scomparsi. Un tempo erano molto usati nelle nostre campagne:
nomi di eroi, di condottieri,
di protagonisti di vicende che i cantastorie erano soliti narrare di
paese in paese e che alcuni padri, appassionatisi alla storia, imponevano
ai
figli.
27 Marzo 1944, Montemaggio (Abbadia Isola Monteriggioni), i nomi di cui
sopra, sono persone e sono ancora tutte vive.
Il giorno dopo 19 di loro, i primi della lista saranno trucidati dai
fascisti per ordine del più feroce e fazioso di loro, il capo
della provincia di Siena e primario all’ospedale Santa Maria della
Scala; c’è anche
il suo nome nella lista (è l’unico che di nomi ne ha due),
assieme a quelli dei fascisti che spararono e massacrarono.
E non mancano i nomi di coloro, contadini, medici, sacerdoti furono in
quei luoghi in quei giorni testimoni e ad un tempo protagonisti di uno
degli episodi più tragici verificatosi nella provincia di Siena.
Accadde
che due distaccamenti partigiani, comandati rispettivamente da Velio
(detto Pelo) e da Mauro (detto Borsa) avessero stabilito la loro
base presso una casa di contadini sul Montemaggio, casa Giubileo, un
podere abitato da due famiglie di mezzadri, noti per essere amici dei
partigiani.
Progettarono atti di sabotaggio da compiersi sulla via Cassa e sulla
ferrovia Siena Firenze, ma prima, il 26 Marzo, sequestrarono in una
fattoria vicina
un capitano della milizia ed un ufficiale tedesco quali ostaggi per
uno scambio con prigionieri politici detenuti nelle carceri di Siena
(tra
i quali c’era anche Alba, cugina di Dario).
A Siena, in Prefettura, il 27 fu deciso il rastrellamento ed il 28
alle prime luci vari automezzi carichi di militi, di elementi della
Compagnia
Giovani e di elementi dell’esercito si portarono dopo una marcia
di avvicinamento, davanti alla casa Giubileo e la circondarono.
Lo scontro
a fuoco iniziò quasi subito e durò per circa un’ora.
Per tre volte fu intimato agli assediati di arrendersi e pur in presenza
di una netta inferiorità di uomini (quasi uno a dieci) e di armi
(due mitra, una pistola automatica, qualche moschetto e fucili e da caccia,
contro centinaia di mitra e mortai in dotazione ai fascisti) lo fecero
solo quando uno degli assedianti gridò : “arrendetevi, vi
facciamo salva la vita”.
Dei giovani che tentarono la fuga due furono uccisi sul posto, Enzo
e Giovanni (quest’ultimo finito a colpi di mitra) , altri due Walter
e Luigi riuscirono a mettersi in salvo.
I due prigionieri, cui non era stato fatto alcun danno, furono presi
in carico dai militi, fatti salire su una vettura e subito allontanati.
Dopo
la resa i 20 giovani furono raggruppati fuori della casa e per prima
cosa furono picchiati ed umiliati quindi condotti a piedi e con
uno degli
automezzi che trasportava anche armi e munizioni, a due chilometri
dalla casa, in una piccola radura, oggi quasi una nicchia nel folto
bosco,
detta la Porcareccia (allora serviva all’accatastamento ed al
carico della legna), lì furono addossati gli uni agli altri
e furono preparate le armi che avrebbero sparato: mitra, moschetti
ed una mitragliatrice.
Quando fu loro dato l’ordine di togliersi le scarpe fu chiaro a tutti
che per loro non c’era più scampo, qualcuno gridò: “non
ci ammazzate”, “non ci fucilate”, ma la risposta dei
fascisti fu secca e la dette Marco, maresciallo dei carristi che stava
dietro la mitragliatrice: “non c’è più misericordia”.
Solo un nome è fuori della lista, quello di Vittorio perché è grazie
a lui che è stata ricostruita la dinamica dell’accaduto con
precisione e certezza e, in tempi ragionevoli, si è svolto il
processo ed i responsabili riconosciuti e condannati.
Era assieme agli altri, ma un istante prima che iniziassero a sparare
si alzò da terra e con un balzo prese il viottolo che si immetteva
nel bosco. Un uomo era di guardia, Leonetto, Vittorio lo vide sollevare
il mitra e poi…. è lui stesso che racconta “è come
se avessi avuto una frustata o un morso al fianco sinistro ebbi una sbandata….
feci poche decine di metri e poi caddi”; l’uomo che aveva sparato
non lo seguì , forse per timore di un agguato.
Vittorio impiegò più di tre ore per percorrere poche
centinaia di metri e raggiungere una casa di contadini che gli dette
riparo, a sera
il dott. Aldo (cercato da un membro della famiglia che lo ospitava
era andato a cercare) lo medicò, indicando però la
necessità di
un ricovero all’ospedale.
Fu chiamata una autoambulanza della pubblica assistenza di Siena
che lo portò al pronto soccorso e qui tenuto nascosto fino alla mezzanotte,
al termine cioè del turno di ricovero del reparto di Patologia Chirurgica
il cui direttore era appunto quel Giorgio Alberto di cui si diceva all’inizio.
Proprio quel Giorgio Alberto che, alla definitiva ricostruzione dell’accaduto,
risultò essere il responsabile della decisione di far fucilare
un così rilevante numero di partigiani e quindi “del
più spaventoso
eccidio consumato dai fascisti in terra di Siena”. Da
V. Meoni ed. Industria Grafica Pistolesi Siena
28 marzo
1944, oggi, 62 anni dopo, ha ancora senso ricordare questa e le
cento altre storie che hanno visto massacrati anche tanti civili,
tante
donne e bambini?
Massimo M. che aveva 9 anni quando nel suo paese
a Sant’Anna di Stazzema
furono uccise 560 persone dice “ …il ricordo, secondo
me, non va mai cancellato. E’ una cosa importante il
ricordo. Anche per spiegallo alle nuove generazioni, quello
che è avvenuto
nel passato” ed
ho sentito affermare ad un noto giornalista: “il popolo
che dimentica la sua storia è destinato a ripeterla” .
O. Toscani "Sant'Anna di Stazzema
12 Agosto 1944, i bambini ricordano" Feltrinelli.
