Il Giorno
della Memoria - Indice Firenze
Ricordando, ... il 27 gennaio 2013
©www.zoomedia.it - vanna innocenti - 27 gennaio 2012 - Giorno
della Memoria
Nell'immagine si vede una parte della Targa con i nomi e cognomi incisi dei 1821
deportati toscani affissa nella Galleria delle Carrozze di Palazzo Medici
Riccardi a Firenze e inaugurata il 27 gennaio 2012. È il ricordo di uomini,
donne
e bambini
che furono deportati dai nazisti nei campi di concentramento e
sterminio dopo essere stati arrestati dai nazisti e dai collaborazionisti
fascisti
nel
periodo
della Repubblica Sociale Italiana e dell’occupazione tedesca, dall’autunno
del 1943 alla primavera del 1945. Lo studio e la ricerca storica sui documenti
per
la
realizzazione
della targa sono
stati
curati
dalla
Fondazione
Museo
e
Centro di Documentazione
della Deportazione e Resistenza di Prato, dall’Associazione Nazionale Ex
Deportati Politici nei Campi Nazisti (ANED) e dalla Comunità Ebraica di
Firenze. L' elenco dei nomi dei deportati toscani è composto da 857 ebrei
e da
964
deportati
politici.
" 27
gennaio 2013":
- Piccola
bibliografia sul tema del Giorno della Memoria a cura della Biblioteca dei Ragazzi di Firenze
- Istituto
Storico della Resistenza in Toscana di Firenze
- Un omaggio
a Primo Levi, (
Torino 1919 - 1984) "Se questo è un
uomo"
- Il "Giorno della Memoria" è stato
istituito con la Legge 20 luglio 2000, n.
211
- " 27
gennaio 2011"
- " 27 gennaio
2010"
- " 27 gennaio 2009":
Il testo della prolusione
tenuta in apertura del Consiglio Comunale di Firenze di Marta Baiardi in
occasione della Giornata della Memoria 2009. Di
seguito la parte della : "Ma chi erano i persecutori?
"Nella nostra città, come
altrove, gli esecutori della soluzione finale furono molti: innanzitutto
gli occupanti tedeschi, che agirono fin
da subito secondo le modalità già collaudate
nei territori dell'Europa occupata: ampie razzie, concentramento
ed organizzazione
dei trasporti per lo sterminio.
Va ricordato a questo proposito che i trasporti dall'Italia
non riguardarono solo gli ebrei, ma anche i deportati politici,
che
furono circa trentamila,
diretti prevalentemente a Dachau e Mauthausen, e che tuttavia
dipendevano da una struttura burocratica diversa rispetto agli
ebrei.
In ogni caso a Firenze furono i tedeschi infatti a dare il
via alle razzie contro gli ebrei nell'autunno 1943, giovandosi
tuttavia,
già in
questa fase iniziale, della significativa partecipazione di
formazioni militari italiane del rinato fascismo repubblicano
fiorentino.
In particolare si distinse per questo aspetto il Reparto Servizi
Speciali della 92esima legione della GNR, meglio noto come "Banda
Carità" dal
nome del suo fondatore, Mario Carità, che alla guerra
contro la Resistenza organizzata, affiancò un notevole
dinamismo, pur meno noto, anche nella caccia agli ebrei, negli
arresti
e nelle razzie dei
loro beni. ...
... Mentre i tedeschi si impadronivano dei beni e compilavano
le liste necessarie ad un ordinato trasporto, ai militi italiani
fu affidata
la custodia
delle prigioniere e, duole dirlo, questi infierirono sulle
vittime con ogni sorta
di sopruso e di violenza, incluse quelle sessuali. Nel nostro
lavoro di ricerca, abbiamo ritrovato una parte di quelle liste
compilate
dai tedeschi.
Ebbene è abbastanza impressionante constatare che vi
compaiono solo i nomi delle donne ebree arrestate. I nomi dei
bambini, i loro figli, non
ci sono, non compaiono per niente, già irrilevanti e
resi invisibili alla contabilità dello sterminio prima
ancora di essere realmente uccisi.
Ma il protagonista più significativo e caratteristico delle persecuzioni
antiebraiche nella nostra città fu l'Ufficio affari ebraici, che
era un organo della prefettura repubblicana. Dalla fine di dicembre 1943,
ebbe sede al numero 26 di via Cavour (oggi c'è il Consiglio regionale
toscano), allora era una proprietà requisita all'avvocato
ebreo Bettino Errera. Di quell'antico proprietario sopravvive
una minuscola
targa sul campanello del primo piano.
L'Ufficio affari ebraici operò a Firenze su larga scala e con poteri
assai ampi, sia sul piano delle razzie patrimoniali che per gli arresti,
realizzando un efficace controllo capillare sul territorio, soprattutto
a causa della sinergia che seppe realizzare, tanto con la "Banda Carità" quanto
con la questura di Firenze. Fu proprio questo elemento a renderlo così pericoloso
ed efficace nelle persecuzioni.
Nel nostro territorio infatti il fascismo repubblicano aveva
assegnato una centralità tutta particolare alle persecuzioni
antiebraiche e l'impegno delle istituzioni della Rsi in questa
direzione fu intenso
e continuativo in quegli undici mesi di governo.
Insieme alla violenza dei carnefici dei corpi polizieschi,
emerge dalle fonti anche un gran lavorio burocratico, necessario
alle
diverse fasi
della persecuzione: liste, verbali di confisca, di arresto,
gestione delle delazioni,
contabilità dei beni incassati, rapporti con banche,
con altri uffici: la Sovrintendenza ai beni culturali, lo stesso
Comune con l'Ufficio
affari
di guerra addetto alle requisizioni dei beni ebraici, ecc.
Si erano creati apparati istituzionali, uffici, corpi polizieschi
e si era formato anche un personale politico di zelanti esecutori
che
potevano
anche diventare feroci e privi di scrupoli.
Nel frattempo nel contesto sociale, malgrado il controllo ramificato
e terroristico messo in atto da Rsi e occupanti, si erano aperti
comunque degli spazi di diffusa insubordinazione, reti clandestine,
resistenze
alle
autorità di gradazioni diverse, e solo grazie a questi
spazi la maggioranza degli ebrei fiorentini poterono sopravvivere
e salvarsi.
Scamparono infatti quelli che riuscirono a sparire o fuggendo
lontano o rendendosi invisibili, ma rimanendo comunque inseriti
in qualche
modo in
reti di relazioni in opposizione ai poteri costituiti e in
grado di esercitare le più differenti forme di protezione.
Fuori da questi ambiti, per chi rimase "visibile" agli
occhiuti predatori del potere e ai loro collaboratori, non
ci fu nessuna salvezza.
Per noi oggi, a distanza di più di
sessant'anni da quei fatti, il Giorno della Memoria rappresenta
dunque anche una buona occasione
per integrare
felicemente il momento della celebrazione con la conoscenza
storica, onde evitare le secche di un ritualismo senza significati
duraturi, e
favorire
invece la crescita di un sapere critico nell'opinione pubblica
e soprattutto nelle nuove generazioni.
Sarebbe riduttivo infatti che il Giorno della memoria diventasse
solo un risarcimento per le vittime, senza tentare la comprensione
di quello
che
accadde: «cause, modi, dinamiche politiche» e paradigmi
culturali che a quelle persecuzioni e allo sterminio fecero
da supporto.
La Shoah difatti è di per sé un sapere complesso e non va
postulata come un evento misterioso ed ineffabile, poco definito e opaco.
Non è stata «un'entità metafisica (...) né [una]
catastrofe annunciata come gli uragani».
Al contrario ha rappresentato il prodotto di scelte umane precise
per quanto abnormi: scelte di tipo politico, militare, culturale.
«
[La Shoah] ha preso forma nel contesto della seconda guerra mondiale (...)
da un intreccio complesso di radicalizzazione ideologica, pianificazione
militare, innovazione tecnologica e improvvisazione strategica e pulsioni
sterminatrici».
Dunque la comprensione della Shoah chiama in causa tutti questi
piani. La storiografia ha esplorato da alcuni decenni questo
intreccio complesso,
che rese possibile un potenziale distruttivo così elevato nel cuore
della nostra civilissima Europa. In questo senso la ferita di Auschwitz
ha rappresentato per l'Occidente un «evento spartiacque del mondo
moderno» e una inequivocabile «rottura di civiltà».
Noi dunque celebriamo con il Giorno della Memoria la comprensione come
una sorta di riparazione per quella rottura, ma realizziamo nel contempo
anche un investimento sul futuro, principalmente rivolto ai nostri giovani:
una presa di coscienza e un monito affinché quella storia
possa essere conosciuta e riconosciuta, laddove torni a ripetersi.
Occorre tuttavia sapere che non si tratta di un messaggio facile
da trasmettere, soprattutto se lo si vuole fondare, come è bene
fare, non tanto su effimere suggestioni emotive, quanto su
conoscenze rigorose e approfondite,
che suscitino riflessioni, più che facili cordogli,
consapevolezze, più che empatie irriflesse. ..."