|
|
Mostre e percorsi dedicati ai
150° anni dell'Unità d'Italia
Figli d'Italia
Gli Innocenti e la nascita di un progetto nazionale per l'infanzia (1861-1911)
3 dicembre 2011 - 18 marzo 2012 - Museo degli
Innocenti – Firenze
Mostra: "Figli
d'Italia - Gli Innocenti e la nascita di un progetto nazionale per l'infanzia
(1861-1911)".
Nell'immagine si vede una foto storica nella sezione "Le storie
e percorsi di vita",
nella Galleria museale dell'Istituto Innocenti.
STORIE E PERCORSI DI VITA Note
storiche della mostra, di Lucia Sandri
Sala Grazzini
- Gli Innocenti
prima della chiusura della ruota 1861-1875)
- L'Unità d'Italia
al di là della
finestra
ferrata
Galleria museale
- Percorsi di vita (1864-1875)
- L'apertura
dell'Ufficio di consegna (1875-1891)
- Percorsi di vita (1884-1886)
- L'Istituto vaccinogeno
- Le allieve infermiere
e la nuova comunità femminile
9.
Adele, 23 aprile 1864
Il 23 aprile del 1864 una levatrice porta agli Innocenti una
bambina «colla
metà diagonale di una medaglia di ottone involtata in
un mezzo tondo di foglio color rosa operato con in mezzo la metà di
una borchia in oro». La bambina, inviata come di consueto
a balia in campagna, si ammala di «lue
celtica» (sifilide) e muore nel luglio dello stesso anno.
Due anni dopo il commissario degli Innocenti riceve una lettera
accoratissima del padre di Adele,
che dichiara di essere stato contrario sin dall'inizio alla decisione
della madre di affidarla
all'ospedale e descrive l'emozione provata in occasione della
visita fatta alla figlia presso la balia cui
era stata affidata: «potei vedere quel piccolo angioletto,
i cui occhi mi fecero provare un palpito così gaudioso,
così inespricabile che io sentii fino a qual punto uno
uomo possa amare i suoi figli». Il padre vuole riprendere
con sé la bambina, ma non ha modo di provare
la sua paternità e chiede nella lettera di poter ricevere
notizie della figlia. Nell'angolo in alto a destra si legge la
risposta datagli dall'ospedale: «Inviato un appunto al
domicilio del Rossi il dì 18
gennaio 1866, annunziante la morte della ricercata bambina, avvenuta
il dì 16 luglio 1864».
10. Madri illegittime, figli abbandonati e tornaconto economico
Famiglie benestanti in cerca di nutrici da una parte, madri povere
o illegittime dall’altra, hanno contribuito ad alimentare
in ogni epoca il fiorente mercato del latte e l’abbandono
di neonati. Madri prive del proprio figlio, deceduto o abbandonato
erano difatti le uniche ben accette.
Era così che
specialmente le nubili ricavavano un tornaconto economico da
accadimenti tragici quali erano la
gravidanza illegittima, il parto all’ospizio e l’abbandono
sistematico del proprio nato al brefotrofio.
Per quest’ultime infatti, come risulta evidente nel decennio dopo
l’Unità, era ancora lontana l’epoca
dell’incoraggiamento al riconoscimento e all’allattamento – con
il pagamento di un sussidio pari al salario dato alle altre balie – della propria creatura.
Epifania, madre di Adele, senza cuore nell’immaginario del proprio
compagno, è solo una delle tante madri illegittime che traggono profitto dal loro stato,
colpevole forse di non aver considerato che la figlia poteva anche soccombere.
11. Eugenia, 4 ottobre 1864
Il 12 settembre 1864 il Tribunale civile di Firenze emette
sentenza in relazione alla vertenza tra Elisa Baldacci «sarta
di professione, oriunda di Pisa attualmente dimorante in
Firenze» e « l'Illustrissimo Sig. Cavaliere Eugenio
Michelozzi Giacomini, colonnello della Guardia nazionale
di Firenze». Elisa è incinta, il Cavaliere è considerato «responsabile» della
sua gravidanza e condannato a pagare seicento lire «a
titolo di spesa di gestazione, parto e puerperio».
Copia della sentenza viene inviata il 28 settembre al commissario
degli Innocenti dal rappresentante legale di Elisa, dopo
che la donna è ricoverata nell'ospizio di
maternità tra le “gravide occulte” per
partorire. Il 3 ottobre nasce una bambina cui viene dato
il nome di Eugenia, Carlotta, Adelaide Pallenti, portata
agli Innocenti dalla “maestra” del
conservatorio con un biglietto scritto dalla madre in cui
veniva ribadito il nome «dell'imputato autore della
bambina»,
cioè del padre naturale. Il biglietto è esposto
in mostra insieme alla lettera scritta da Elisa l'11 ottobre
per chiedere che la bambina «le venga rilasciata per
tenerla appresso di sé»,
con l'assenso di Torello Pianigiani commissario degli Innocenti.
12. Gravide occulte, processi e rimborsi di spese
di parto
Le gravidanze illegittime seguite a eventi talvolta tragici
quali la violenza, la mancata promessa di matrimonio, l’impossibilità a
costituire una famiglia regolare, rendevano le donne suscettibili
del ricovero nell’Ospizio di Maternità, in attesa
del parto e al riparo dallo scandalo. Dal 1861 infatti vi trovavano
asilo sia le spose povere che le “gravide occulte”,
le madri illegittime cioè in procinto di partorire.
Considerato che la prova della violenza era quasi impossibile
da fornire, né poteva essere perseguita la rottura della
promessa di matrimonio, si poteva almeno sperare di ottenere
dal “reo” il risarcimento delle spese del parto
e una dote per una futura nuova sistemazione.
Elisa, la giovane sarta ingannata dal compagno appartenente
a un ceto sociale superiore al suo, ha il coraggio di intraprendere,
come tante altre prima e dopo di lei, un processo che indurrà l’uomo
almeno al pagamento delle spese dell’ospizio e processuali.
In cambio chiede solo di tenere per sé la sua piccola
Eugenia.
13. Alfredo, 7 gennaio 1873
Alfredo viene portato agli Innocenti il 7 gennaio 1873. Per
quattordici anni è affidato a una famiglia di contadini
di Montevarchi. Nel 1887, a causa di maldicenze sul loro conto,
ne viene allontanato per essere consegnato a nuovi tenutari,
ma dopo due anni fugge per tornare da coloro che lo avevano
allevato.
Il sindaco di Montevarchi, chiamato in causa, in una lettera
del 29 agosto 1889 al commissario del brefotrofio, definisce
l'adolescente «di scorrettissima
indole, indocile, vagabondo, familiare col turpiloquio» e
consiglia di provvedere «con idonei mezzi al
suo miglioramento». Il 24 ottobre Alfredo viene trasferito
al Montanino, una delle tre “Case di Deposito” del
Valdarno, dove erano inviati i trovatelli maschi in attesa
di sistemazione.
In una lettera al brefotrofio del 5 settembre 1889 il primo
tenutario chiede di poter riprendere Alfredo, rivendicando
il legame affettivo che lo lega al ragazzo. Spiega poi le ragioni
della sua fuga: «venne a trovarmi e così mi parlò: “Babbo,
vedete voi come mi trovo con quel contadino. Lavoro molto,
mangio male e per sopra di più non mi rivestono nemmeno...
voglio tornare a casa”». «
Queste parole» conclude «mi passarono il cuore».
14. Affidamento ai tenutari e affezione
per i “nocentini”
La consegna dei trovatelli alle balie e ai tenutari per l’allevamento è stata
a tutti gli effetti una forma di affidamento familiare, rimasta
pressoché invariata
dal tardo Medioevo ai giorni nostri. Una consuetudine che è alla
base del successivo sviluppo dell’adozione
negli enti assistenziali. Una moltitudine di balie e tenutari
si è dichiarata infatti, nei secoli,
pronta a tenere come “propri figlioli” gli alunni
dell’ospedale, rinunciando, talvolta, anche
al salario cui avevano diritto. Sebbene si mirasse alla disponibilità di
braccia da lavoro a basso costo e all’accudimento negli
anni della vecchiaia, è altrettanto vero però che
per i trovatelli erano pur sempre testimonianze di legami e
affetti difficilmente sostituibili.
Ecco perché Alfredo Cresciuti, il “nocentino” da
correggere, si ribella, fugge dai suoi nuovi tenutari e tenta
con tutte le sue forze di tornare in quella che per lui, malgrado
tutto, è la sua famiglia.
L'apertura dell'Ufficio di consegna
(1875-1891)
15. Chiusura
della ruota e nuove modalità di abbandono
Ragioni morali, finanziarie e sanitarie portarono alla chiusura,
il primo luglio 1875, della “ruota” – che
nella realtà fiorentina era una “finestra ferrata” detta
anche “presepe” – per
l’abbandono anonimo dei bambini, legittimi compresi.
L’abbassamento
del numero degli introdotti e il miglioramento delle condizioni
sanitarie rappresentarono le conseguenze più appariscenti.
I bambini lasciati attraverso l’Ufficio di Consegna da
private levatrici o dalle “serventi” dell’Ospizio
di Maternità, sperimentarono da allora modalità di
accesso nuove rispetto al passato, tra cui la scomparsa progressiva
dei “segni”, ossia la “marca” della
loro appartenenza familiare e sociale.
Laudata Chiusuri e Ultimo Lasciati, messi nel “presepe” con
due medaglie di ottone, beneficiano di un “segno”.
Primo Riformi, del primo luglio 1875 ne è privo.
Tutti però ne ebbero uno speciale: il nome, riferito
in un caso alla soppressione della “ruota” e
nell’altro all’inizio di una nuova e
regolamentata epoca assistenziale.
16. Laudata e Ultimo, 30 giugno
1875
Laudata e Ultimo, gli ultimi bambini arrivati attraverso il “presepe”,
vengono lasciati a pochi minuti di distanza l'uno dall'altra, «alle
ore 9 1⁄4 pomeridiane».
Ambedue sono accompagnati da una mezza medaglia e da un biglietto
che li indica come già battezzati,
ma tuttavia, come di consueto, vengono battezzati sub conditione
e poi mandati a balia in campagna l'8 luglio. Laudata a Londa,
Ultimo a Fucecchio.
Entrambi vengono poi cercati dai genitori subito dopo il periodo
dell'allattamento, il più critico per le famiglie povere,
perché il neonato distoglieva la madre
dal lavoro o le impediva di allattare figli altrui dietro compenso.
Ma qui i loro destini divergono. Laudata viene ripresa dalla
famiglia il 31 agosto del 1877, mentre Ultimo muore il 28 luglio
1876, prima che i genitori ne chiedano notizie. Un'ultima cosa
accomuna i due bambini. Da quando nel 1812 si era deciso di dare
un cognome diverso a ogni bambino affidato all'ospedale, si erano
sempre scelti cognomi che non evidenziassero la loro provenienza
e non fossero offensivi. Nel caso di Ultimo e Laudata, la volontà di
ricordare un evento ritenuto storico, giustifica un’eccezione
a questa regola.
17. Il primo Ufficio di consegna
Il 1° luglio 1875 viene aperto il nuovo Ufficio di consegna,
nei locali vicini al presepe, utilizzati fino a quel momento
per accogliere la sorvegliante e le balie di turno. Nel pomeriggio
del primo giorno di apertura la levatrice Carlotta Bucci presenta
all'Ufficio un bambino che dichiara «nato da donna non
unita in legittimo matrimonio»,
quindi illegittimo. Dopo essere stato battezzato, per ricordare
lo storico evento, con il nome di Primo Riformi, il bambino viene
mandato a balia a Londa e poi affidato a dei tenutari nello stesso
paese. L’Ufficio, aperto dalle 7 di mattina alle 10 di
sera, accoglieva agli Innocenti esclusivamente gli «
illegittimi». Solo in casi particolari, come la mancanza
di latte della madre, venivano accolti anche i legittimi, il
cui soggiorno era comunque limitato al periodo dell’allattamento.
L'aumento nel corso dell'Ottocento dei bambini legittimi consegnati
abusivamente agli Innocenti, era stato uno dei principali motivi
che aveva portato alla chiusura della finestra ferrata. In effetti
gli ammessi, che nel 1874 erano stati 2319, già l'anno
successivo passarono a 1845 e nel 1876 furono 1324, per scendere
nel 1880 sotto il migliaio.
18. Il nuovo Ufficio di consegna
del 1891
La chiusura della finestra ferrata aveva ridotto il numero
dei bambini affidati agli Innocenti, ma non risolse il problema
dell'assistenza ai bambini legittimi bisognosi di aiuto né ridusse
il tasso di mortalità nel brefotrofio. Su quest’ultimo
punto fu molto più incisiva la riforma sanitaria del 1890
che portò a migliorare le cure mediche offerte ai bambini
e alle balie. Una delle conseguenze della riforma fu la realizzazione
nel 1891 di un nuovo Ufficio di consegna a cui fu annessa una
Sala di osservazione per controllare lo stato di salute dei nuovi
arrivati prima di trasferirli nei locali destinati ai bambini.
La Sala di osservazione occupava una parte dell'attuale salone
Brunelleschi, mentre l'Ufficio di consegna era nell'ambiente
in cui vi trovate. Nella parete di fondo si vede una porzione
della decorazione pittorica del soffitto ancora oggi presente.
Le fotografie fanno parte della campagna fotografica realizzata
per gli Innocenti dalla Ditta Giacomo Brogi tra 1899 e 1900,
in occasione della partecipazione dell'ospedale all'Esposizione
Universale di Parigi del 1900 per «far conoscere per mezzo
di fotografie i locali che lo compongono», come deliberato
dal Consiglio dell’ospedale
il 29 settembre 1899.
Galleria Museale
Percorsi di vita (1884-1886)
28.
Stefanina Margherita, 2 agosto 1884
Stefanina viene introdotta nell'ospedale poche ore dopo il
parto da una levatrice che dichiara la bambina nata da una
donna non sposata. Comincia per la piccola una lunga serie di
passaggi a balia in Mugello e poi l'affidamento a tenutari diversi
ma – essendo spesso
malata – viene curata nell'Ospedale per poi tornare a
servizio.
Il 16 febbraio del 1904 il commissario degli Innocenti riceve
una lettera: Virgilio Falchi, parente della ragazza che ora
vive a Marsiglia, domanda di poter avere con sé la
nipote, «essendo io suo zio, perché Ella è figlia
ad una mia sorella che ora non è più (…)
io la prenderei come mia figlia, promettendo di nulla farli
mancare e di volerli sempre bene, come essa lo sarà a
noi».
Il console d'Italia a Marsiglia rassicura sulle qualità morali
e sulle condizioni economiche dei congiunti («i coniugi
Falchi si trovano in condizioni economiche discrete esercitando,
il marito, il mestiere di tappezziere, la moglie quello di
sarta»),
e il commissario degli Innocenti acconsente al desiderato ricongiungimento,
che permetterà l'inizio
di una nuova vita per la ragazza.
29. Doti e matrimoni delle “nocentine”
Il matrimonio era l’epilogo più ambito per le giovani “nocentine” affidate
dall’ospedale alla cura dei tenutari. Nei casi più fortunati
erano proprio quest’ultimi
che si impegnavano nella ricerca di un marito per la giovane
cresciuta in casa. Ancora alla fine dell’800
trovare un marito per una
“
nocentina” non era sempre agevole. Anche per le fanciulle,
infatti, i repentini passaggi da un ambito familiare all’altro,
spezzavano di frequente ogni possibile legame, affettivo e
sociale, intessuto sino a quel momento. La dote delle ragazze
rappresentava tuttavia un incentivo notevole specie per i giovani
mezzadri sottomessi alla gerarchia familiare. Duecento lire,
tanto veniva all’epoca corrisposto, erano difatti un
buon inizio per mettere su famiglia. Stefanina Margherita è un
caso emblematico ma anche fortunato. Dopo essere stata al servizio
di vari tenutari, approda comunque al matrimonio e riscuote
la sua dote. In tutto ciò assume rilievo la figura,
non insolita in tali ambiti, di un familiare, uno zio ritrovato.
30. Paolo, 3 giugno 1886
La sera del 3 giugno 1886 Paolo viene portato all'Ufficio
di consegna dell’ospedale
per esservi accolto. Dopo sei mesi trascorsi a balia a Lamporecchio
viene affidato dall'ospedale a una famiglia dello stesso
paese che aveva già in casa altri due bambini
degli Innocenti. Dopo due anni il direttore dell’ospedale
viene informato dal sindaco del paese sulla cattiva condizione
dei bambini: «
Risulta a quest'ufficio che non sono bene tenuti, per via dello
stato di eccezionale miserabilità dei tenutari».
Tutti e tre i piccoli rientrano all’ospedale. Paolo,
di poco più di due anni, viene affidato a una famiglia
a Scarperia, ma neppure i nuovi tenutari lo trattano bene,
e quattro anni dopo una lettera anonima denuncia il modo in
cui il bambino è trattato: «riceve
tanto male da quella birbona della Annina [la tenutaria], che
lo tiene sporco, lo bastona continuamente, lo mette a letto
senza mangiare e poi dice a il marito che ha mangiato […]
tanto che il bambino si sente sempre piangere
fuori nei campi, da lontano, cosa che fa gran pena». Alla
fine l'ospedale riuscirà a trovare un’altra famiglia
a Scarperia in grado di crescere il bambino con affetto.
31.
L’importanza del vicinato. Maltrattamenti e vita itinerante
dei “nocentini”
Bambini e bambine affidati alle cure dell’ospedale crescevano
fuori dall’istituzione, consegnati a balie e tenutari di
estrazione contadina la cui remunerazione veniva sospesa quando
i ragazzi erano ormai in grado di aiutare. Sin dalla più tenera
età erano
addestrati a guardare le bestie, raccogliere legna, pulire
la casa e guardare i figli più piccoli
della famiglia che li ospitava. Quasi mai ricevevano un trattamento
adeguato alla loro condizione infantile ed erano oggetto di vere
e proprie angherie, che inducevano l’ospedale a passarli
da un tenutario all’altro
nella speranza di migliorare la loro esistenza.
Paolo, che in diciotto anni ha conosciuto solo fame e bastonate è aiutato,
finalmente, dalla denuncia di un vicino impietosito dai maltrattamenti
subiti dal giovane. Sia pure in forma anonima si invoca infatti
l’intervento autorevole del pievano di Scarperia. Paolo è destinato
però, come altri suoi coetanei nella sua condizione,
a girovagare ancora a lungo prima di approdare a una soluzione
per lui soddisfacente.
Arte: mostre
a Firenze
Arte: mostre
in Italia
Arte: mostre in Europa
Arte: eventi e mostre in parchi
e giardini
|
|