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150° dell'Unità d'Italia

Mostre e percorsi dedicati ai 150° anni dell'Unità d'Italia

Figli d'Italia
Gli Innocenti e la nascita di un progetto nazionale per l'infanzia (1861-1911)
3 dicembre 2011 - 18 marzo 2012 - Museo degli Innocenti – Firenze


"Figli d'Italia - Gli Innocenti e la nascita di un progetto nazionale per l'infanzia (1861-1911)". Nell'immagine un particolare una foto storica nella sezione "Le storie e percorsi di vita", nella Galleria museale dell'Istituto Innocenti.

STORIE E PERCORSI DI VITA Note storiche della mostra, di Lucia Sandri
Sala Grazzini
- Gli Innocenti prima della chiusura della ruota 1861-1875)
- L'Unità d'Italia al di là della finestra ferrata

Galleria museale
- Percorsi di vita (1864-1875)
-
L'apertura dell'Ufficio di consegna (1875-1891)
- Percorsi di vita (1884-1886)
- L'Istituto vaccinogeno
- Le allieve infermiere e la nuova comunità femminile

Sala Grazzini
Gli Innocenti prima della chiusura della ruota (1861-1875)

1. Un “presepe” per accogliere
L'Ospedale degli Innocenti, secondo la tradizione toscana, era dotato per l'accoglienza dei trovatelli di un’antica “pila” in pietra, uso acquasantiera e posta all'esterno del portico di facciata. Tra la fine del '400 e i primi del '500, essa venne sostituita da una finestra comunicante con la chiesa delle
donne e munita di una “ferrata”, attraverso le cui maglie era possibile introdurre, come da statuto, i soli neonati. All'interno vi corrispondeva l'allestimento perenne di un “presepe”, che divenne anche sinonimo del luogo dell'abbandono. Nel 1660 il “presepe”, detto anche dal popolo “ferrata”, “buca” e “ruota”, venne spostato nella testata nord del portico, verso l'attuale via della Colonna, dove rimase attivo sino al 1875, anno in cui la finestra fu murata, come è a tutt'oggi visibile.
Nel 1842, nella lettera diretta a Pietro Leopoldo, Carlo Michelagnoli, commissario degli Innocenti dal 1831, enfatizza i motivi dell'abbandono e i modi dell'accoglienza, invocando il consenso granducale all'ampliamento dei locali annessi al “presepe”.

2. I numeri dell'accoglienza
A seguito del progressivo e generale incremento demografico iniziato già dalla fine del '700, il numero dei bambini affidati annualmente agli Innocenti raggiunge ai primi anni dell'Ottocento una media di 1000 ingressi e nel 1850 supera i 2000.
Dopo l’unificazione nazionale il problema dell’assistenza all’infanzia diviene uno degli argomenti centrali per la nuova classe politica. Si diffonde l'opinione che le forme tradizionali di accettazione anonima (le ruote), contribuissero all'aumento dei bambini affidati alle istituzioni assistenziali, gravandole dal punto di vista finanziario. Attraverso l'abbandono anonimo era infatti possibile lasciare ai brefotrofi non solo gli illegittimi cui si riconosceva una priorità assistenziale a salvaguardia della loro incolumità, ma anche figli legittimi di famiglie povere. Per contrastare il fenomeno in Toscana già ai primi dell'Ottocento erano state attuate forme di assistenza a favore delle madri bisognose. Nelle due foto in mostra si vede la facciata degli Innocenti negli anni in cui la finestra ferrata in fondo al portico era ancora aperta e accoglieva i bambini affidati all'ospedale in ogni ora del giorno e della notte.

Manoscritti in sala Grazzini

3. L'arrivo dei bambini nel “presepe”
L'11 ottobre 1842 il commissario degli Innocenti Carlo Michelagnoli scrive al granduca Leopoldo II per chiedere di realizzare presso la finestra «ove si depositano i trovatelli» due sale provviste di letti e culle per la sorvegliante e le balie di turno. La lettera, conservata nell'Archivio Storico degli Innocenti, restituisce la memoria delle prime cure riservate ai bambini affidati all'ospedale: «per le buche di una ferrata, corrispondente sotto il loggiato esterno di questo Spedale, vengono introdotti, ordinariamente a notte molto avanzata e
1 depositati sul ripiano della finestrella, coperto da un cuscino, gl’innocenti figli della colpa o della miseria; e coloro che ve gli abbandonano sogliono darne avviso per mezzo del suono di un campanello, situato a tal uopo presso la finestra medesima. […] La donna che di continuo veglia al ricevimento di queste misere creature, appena ode il tintinnio del campanello o i vagiti dell'infante, scende dalla sua stanza a raccoglierlo e nel tempo stesso annunzia, parimente col suono del campanello alle Balie che riposano nel dormentorio dei lattanti, l’avviso di un nuovo ospite, affinché quella fra loro cui spetta per turno l'alzarsi, giunga sollecita ad apprestargli le prime cure materne».

4. La conservazione delle memorie
L'arrivo di ogni bambino all'ospedale veniva documentato. Il Regolamento generale redatto nel 1839 dal commissario Michelagnoli stabiliva che la soprabalia, la più anziana tra le donne e la prima a prendersi cura del bambino, doveva annotare le informazioni necessarie: giorno e ora di arrivo, sesso, presenza di oggetti di riconoscimento ed eventuali biglietti. Queste note erano poi trascritte dallo scrivano nella pagina di un registro intitolato Balie e Bambini, dove in seguito venivano riportati gli avvenimenti più importanti della vita del piccolo. Segni di riconoscimento e biglietti di accompagnamento erano considerati elementi identificativi da conservare. Si stabilì in seguito che i segni fossero avvolti in un piccolo foglio rettangolare con la lettera dell’alfabeto corrispondente al registro di Balie e Bambini in cui era annotato l’arrivo e il numero d’ordine assegnato all'infante. Nel registro Balie e Bambini esposto è possibile vedere la pagina dedicata a Democrito Montecarelli, lasciato agli Innocenti il 6 marzo 1861, accanto al biglietto che conteneva il suo oggetto di riconoscimento, con la lettera Y che identifica il Libro e il numero 418 assegnato a Democrito.

L'Unità d'Italia al di là della finestra ferrata

5. L’Unità nazionale nei “segni” e nei nomi dei bambini
Con l’avvento dell’Unità nazionale, nel 1861, non vi è alcuna variazione di rilievo nei parametri dell’abbandono rispetto al periodo precedente. Oltre la metà degli abbandonati era, e rimane, rappresentata da figli legittimi. Qualcosa di diverso traspare invece dai “segni”, messaggi cioè o oggetti lasciati, secondo una secolare consuetudine, addosso ai neonati per consentire il loro
riconoscimento o accompagnarli in un viaggio senza ritorno, ignari per sempre della loro origine. È questa ancora la funzione di nomi e oggetti, inneggianti al Risorgimento e all’Unità. Pur verbalizzando i nomi suggeriti dai parenti, lo scrivano cambierà Vittorio Garibaldi e Italia in Democrito e Raffaella. I messaggi scritti costituiscono e saldano invece il “segno” di origine e di appartenenza del bambino, la “marca” appunto, alla collettività : «Figlia d’Italia» si scrive con palese entusiasmo per Faustina.

6. Democrito, 6 marzo 1861
Il 6 marzo 1861, come riportato dal registro Balie e Bambini, viene lasciato nel presepe un bambino « con la metà superiore di una medaglia di ottone con la Madonna dei Raggi infilata in nastro di seta celeste ed un foglio ceruleo nel quale era scritto: Firenze a dì 6 marzo 1861 fu depositato un maschio di nome Vittorio, Garibaldi e Cammillo in questo Spedale di Firenze, è battezzato». In assenza di un documento di battesimo i bambini lasciati all'ospedale venivano battezzati con un nome e un cognome nuovi. Nessuna traccia del patriottismo dimostrato dai genitori rimane in quelli assegnati: Democrito Montecarelli. Per alcuni giorni Democrito è accudito dalle balie presenti in ospedale, poi viene affidato a una nutrice di Uzzano che riceve dall'ospedale un salario mensile di nove lire. Una volta svezzati, i bambini erano affidati a una famiglia di tenutari, a volte la stessa che li aveva accolti durante l’allattamento. A queste famiglie spettava inizialmente un salario di cinque lire, ridotto progressivamente fino a cessare al decimo anno di vita del bambino. Democrito viene invece ripreso dai genitori dopo solo un anno e il 5 maggio 1862 torna a vivere con loro, a Empoli.

7. Faustina, 19 marzo 1861
La sera del 19 marzo 1861, «dopo suonato il campanello» come si legge nel libro Balie e Bambini, viene lasciata agli Innocenti una bambina appena nata. Il giorno precedente è stata promulgata la legge che sancisce la nascita ufficiale del Regno d'Italia, circostanza ricordata nel biglietto lasciato con la bambina in cui è scritto «Figlia d'Italia». Dopo essere stata battezzata con il nome di Faustina, la neonata viene inviata a balia in campagna, prima a Lamporecchio poi a Figline. Ma il 10 dicembre torna in ospedale perché «sospetta», di una
malattia contagiosa, forse sifilide. Dopo appena otto giorni la bambina muore nel reparto riservato agli infetti.
La vicenda di Faustina è comune a molti “nocentini” poiché fino all'inizio del Novecento non esistevano cure efficaci contro la sifilide né contro le malattie infettive in genere. Per questo una circolare ministeriale impose nel 1887 l'introduzione dei bambini solo se muniti di un certificato attestante la buona salute della madre.

8. Raffaella, 13 settembre 1861
Il pomeriggio del 13 settembre 1861 viene lasciata nel “presepe” una bambina «con un pezzettino di centesimo involtato in un pezzetto di foglio turchino ed incluso in un altro foglietto tagliato a guisa di cuore nel quale leggevasi: Marito e moglie gente dabbene, bambina nata lì 25 agosto 1861». L'ospedale la fa battezzare con il nome di Raffaella e la invia a balia a Reggello. Poche settimane dopo il padre, maggiore dell'Esercito Meridionale che aveva combattuto per l'Unità d'Italia sotto Giuseppe Garibaldi, scrive all'ospedale spiegando le ragioni dell'abbandono: «perdurante la di lui lontananza da Firenze e per circostanze critiche nelle quali trovavasi la sua moglie Giuditta, questa fu necessitata di far depositare in cotesto Pio Stabilimento una Creatura da lei partorita nell'Ospedale di questa città di Firenze […] battezzata col nome Italia Maria». Scrive inoltre che « ama ardentemente di riprendere la sua figlia, colla quale, ed insieme colla madre, vivrà lieto e contento». Il 5 ottobre la bambina viene restituita alla coppia, che deve descrivere i segni di riconoscimento lasciati con la bambina e presentare i documenti per dimostrare lo status di genitori legittimi.

 

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Pagina pubblicata il febbraio - 2012 - Aggiornato il 26-Giu-2015