Mostre e percorsi dedicati ai
150° anni dell'Unità d'Italia
Figli d'Italia
Gli Innocenti e la nascita di un progetto nazionale per l'infanzia (1861-1911)
3 dicembre 2011 - 18 marzo 2012 - Museo
degli Innocenti – Firenze
Mostra: "Figli
d'Italia - Gli Innocenti e la nascita di un progetto nazionale per l'infanzia
(1861-1911)".
Nell'immagine si vede la "sala di preparazione del vaccino" dell'Istituto
vaccinogeno; si tratta di una foto storica esposta al MUDI,
il Museo dell'Istituto Innocenti.
STORIE E PERCORSI DI VITA Note
storiche della mostra, di Lucia Sandri
Sala Grazzini
- Gli Innocenti
prima della chiusura della ruota 1861-1875)
- L'Unità d'Italia
al di là della
finestra
ferrata
Galleria museale
- Percorsi di
vita (1864-1875)
- L'apertura
dell'Ufficio di consegna (1875-1891)
- Percorsi
di vita (1884-1886)
- L'Istituto vaccinogeno
- Le allieve infermiere
e la nuova comunità femminile
L'Istituto vaccinogeno
37. La lotta contro il vaiolo e l'Istituto
vaccinogeno agli Innocenti
L'imperversare delle epidemie di vaiolo indusse nel 1805 la
reggente Maria Luisa, alla sperimentazione su 12 ragazzi
del brefotrofio del metodo Jenner, basato sull'inoculazione a scopo
preventivo di virus vaccino di origine animale. Nel 1812, nonostante
le critiche
mosse al metodo, ne fu apprezzata l'efficacia con la salvezza di molti
bambini a fronte degli oltre 4000 deceduti, nel 1808, in Toscana. Solo
dal 1889 si procedette però a
sostituirlo in modo definitivo al virus da marcia umana.
Gli Innocenti divennero, per incarico dell'autorità prefettizia,
il luogo di produzione, vaccinazione e distribuzione a livello
regionale. Nel 1891 il medico Vittorio Bosi, poté annunciare
l'assoluta sicurezza dei nuovi innesti.
Le foto colgono quattro realtà: il gabinetto di batteriologia,
luogo di studio e riflessione; la sala per l'innesto sulle
vitelle che dovevano essere giovani e «di cuoio e
pelo finissimo»; la sala di preparazione del vaccino,
dove il materiale era raccolto in vasi e mescolato con
glicerina e quella di vaccinazione pubblica, dove si utilizzava
il
vaccinostilo Marechal, uno strumento a forma di lancetta.
38. Per ottenere una produzione
di virus animale adeguatamente sicura furono necessari molti
esperimenti. Un buon risultato fu raggiunto solo nel 1891. Le vitelle
venivano osservate e controllate e si procedeva all'innesto dopo la certificazione
di buona salute dell'animale. Le vitelle venivano legate
su una tavola per essere sottoposte all'innesto al ventre. La parte veniva
rasata e lavata dapprima con acqua e sapone e poi con acqua sterilizzata
e una soluzione di lisolo. In seguito la si proteggeva
con un grembiule di lino e si riportava la vitella nella stalla, in attesa
che le pustole raggiungessero in 4-5 giorni il massimo dello sviluppo.
39. La scoperta dell'utilizzo del virus vaccino a
sostituzione di quello umano praticato nel ’700 ebbe una prima
applicazione a Firenze nel 1801 con scarsi risultati. Nel 1805 la reggente
Maria Luisa ne promosse ulteriormente l'inoculazione, sperimentata
su 12 ragazzi. L'esito soddisfacente portò alla creazione di
una “Società di propagazione” con
incarico dato agli Innocenti per la conservazione del
vaccino. Nel 1810 il governo francese vietò definitivamente l'inoculazione di virus umano. Dal 1812 le madri sostenute
economicamente dalla Carità Materna sottoposero i figli alla vaccinazione, resa gratuita
per tutti dal 1822 per volontà di Ferdinando III.
40. L'Istituto di vaccinazione è presente
agli Innocenti già dal
1834 ma diviene strumento di sanità pubblica,
per volontà del prefetto, solo dal 1891. A partire
da questa data gli Innocenti sono l'unico produttore e distributore
di virus vaccino a livello regionale.
Una volta estratto il materiale dalle pustole lo si mescolava
con glicerina e lo si raccoglieva in appositi contenitori
(tubi e piastre) in dosi da 10 a 100 adatte alla distribuzione.
Tale operazione avveniva sotto la direzione del medico. Le prime
inoculazioni furono fatte su volontari, concedendo un premio
in denaro alle madri che permettevano quella dei figli.
Le allieve infermiere
e la nuova comunità femminile
41. L'ingresso nel brefotrofio, nel 1891,
delle suore dell'ordine delle Figlie della Carità di
San Vincenzo de' Paoli mise fine all'antica comunità femminile,
il cosiddetto “convento”,
gestita dalle trovatelle più anziane. Sotto la direzione
delle religiose le giovani ebbero modo di ricevere una formazione
infermieristica e coprire il fabbisogno del brefotrofio in
quest'ambito.
Le nocentine potevano assistere così, sotto la guida
del medico, lattanti e divezzi. Altre svolgevano attività diverse:
guardarobiere, sarte, addette alla cucina e ai tanti servizi
necessari alla vita quotidiana. Alle suore spettava la sorveglianza
sull'intero andamento della comunità,
balie comprese, e sovrintendevano alla cura dei bambini.
La foto del giardino coglie la comunità femminile al completo:
le infermiere riconoscibili dal grembiule bianco, le compagne
non addette al servizio sanitario e le piccole nocentine che
giocano.
Un'altra è dedicata al refettorio delle infermiere,
con poche presenze per via dei turni. Le ulteriori foto mostrano
la vecchia scuola dove ci si esercitava nel cucito, e la nuova
aula di studio con allieve attente e disciplinate.
42. Giardino
per le alunne infermiere
Dopo l'Unità il passaggio a un regime di assistenza moderna
fu graduale. Al personale medico furono affiancate delle
inservienti. Si trattava di ex allevate dell'ospedale che coprivano
il fabbisogno interno nei vari servizi. Alcune di loro, indicate
come «allieve
infermiere», erano addette alla cura dei bambini, sia
dei nuovi arrivati che dei «ritornati» dal
baliatico esterno. Più o meno giovani, esse conducevano
una vita quasi monastica e costituivano con le suore e i
bambini loro affidati la famiglia interna dell'ospedale.
Nella foto si coglie tutta la comunità che si ricrea
all'aperto.
43. Scuola per le alunne infermiere (vecchia)
La comunità femminile disponeva di spazi dove incontrarsi
per dedicarsi ad altre attività muliebri sotto la conduzione
di suore, le Figlie della Carità, individuabili dal largo
cappello che le contraddistingueva. La «scuola vecchia» qui
rappresentata, era un luogo dove le inservienti, le «
allieve infermiere», ma anche bambine di ogni età,
apprendevano il cucito e il ricamo secondo un'antica tradizione
dell'istituzione. L'ambiente era corredato da macchine per cucire
e da un ampio tavolo colmo di tessuti, forse biancheria in attesa
di essere sistemata.
44. Scuola di studio
L'inserimento intorno al 1879 delle donne degli Innocenti
al servizio dei bambini faceva seguito all'ordinamento sanitario
suggerito da Clemente Frascani, ispettore sanitario del brefotrofio.
Una sommaria preparazione veniva impartita dalle maestre di
scuola, addette anche all’educazione degli scolari maschi
e femmine, secondo i nuovi programmi governativi. Era sufficiente
infatti che provvedessero «alla nutrizione dei fanciulli
e alla somministrazione dei medicinali alle ore indicate dai
medici». Nell'aula – siamo ai primi del Novecento – una
quindicina di allieve seguono la lezione della maestra.
45.
Refettorio
Le aspiranti infermiere rappresentavano una élite cui
era consentita una vita in parte separata dalle altre nocentine.
Oltre alla scuola disponevano di un loro refettorio mentre dividevano
con le altre gli spazi comuni, cioè il giardino e il luogo
della ginnastica che veniva concesso, a salvaguardia della salute,
a tutte le ex allieve impegnate nei diversi servizi. La presenza
delle religiose scandiva tuttavia ogni momento della giornata
delle donne e particolarmente quella delle giovani allieve avviate
al servizio infermieristico. Il refettorio era gestito dalle
suore che servivano anche la refezione.
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