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Arte: mostre in Italia

Giovanni Paszkowski
LE FORME DELLA MEMORIA

"Giovanni Paszkowski. Le forme della memoria”, è allestita presso la Sala Antiquarium Costantini e rimarrà aperta fino al 6 gennaio 2009. La mostra è promossa dalla Città di Fiesole, dall’Assessorato alla Cultura ed ha il sostegno dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. Inaugurazione giovedì 11 dicembre 2008 a Fiesole.

 

 

Il testo critico di Carlo Sisi

Testo critico "In forma di città" di Carlo Sisi

"Lo stile di Giovanni Paszkowski manifesta oggi una sintesi di forma e colore che subordina con maggiore convinzione le evidenze del racconto all’autonomia poetica delle forme: più astratte, queste ultime, rispetto alle visioni atmosferiche e serenamente introspettive già viste in precedenti esposizioni; più netto il colore, steso a campiture nitide e compatte così da aggirare ogni possibile coinvolgimento con la caducità dell’esistere quotidiano.

I piani della composizione, di solito graduati tra terra e cielo con il rigore di un occhio prospettico capace di selezionare quanto basta per attribuire coerenza alla visione, si dispongono in maniera quasi teorematica, ora offrendosi in primo piano come barriere concettuali da sciogliere con esercizi di ragione, ora stagliandosi in scorci abbrevianti che lasciano campo allo spazio circostante che è d’aria ma, insieme, di materia solidamente pensata.

L’acrilico è, d’altra parte, mezzo rapido per fermare sulla tela questi diversi livelli compositivi e Paszkowski lo impiega con la sicurezza che gli deriva da un ricco laboratorio di memoria visiva alimentata dalla personale esperienza dei viaggi, dalla fotografia, dai libri, che agiscono tutti nella mente come frasi sparse di un discorso da ricomporre in pagine organiche e coerenti, come forme disarticolate nella loro varietà ma ricche di potenziale espressivo se riunite – come sono – in un efficace dialogo di superfici. Un procedimento, si può dire, in special modo mentale che contribuisce appunto ad evitare ogni possibile naturalismo in favore di una sintesi formale capace di conferire al quadro autonomia espressiva, ed anche la qualità di un testo figurativo i cui strati sono in grado di alimentare pensieri sulla storia e sul tempo presente. Pareti bianche appena segnate da una striscia d’ombra, piani architettonici assemblati come planimetrie cromatiche, blocchi di acceso colore segnati da una forte evidenza oggettuale, sollecitano infatti alcune considerazioni sulla continuità del pensiero estetico, sul costante riemergere, nel tempo, di temi e forme che ogni “contemporaneità” ha adeguato al proprio contesto culturale e spirituale.

Si può pensare innanzitutto alla vena metafisica che trascorre dalle piazze dechirichiane ai silenti interni di Hopper, che Paszkowski ha qualche volta trasposto in più accostanti occasioni di affinità elettive; all’icastica indagine di certa fotografia americana da accompagnarsi con l’epifania pop dell’oggetto celebrato nella sua nuda evidenza, cui molto devono i suoi recenti quadri affidati alla dinamica della segnaletica stradale o alla freccia perentoria di un motel illuminato a contrasto delle luci di un tramonto; o ancora all’ordine razionale imposto dalle poetiche dell’astrattismo che, soprattutto all’origine, aveva inteso proiettare sulla realtà e sugli ambiti quotidiani il rigore di uno stile depurato da ogni contingenza e da ogni compromesso con le ridondanze e il pittoresco per giungere all’essenziale traduzione della realtà.

Si vuol dire che i “frammenti” urbani di Paszkowski, affidati come sono alla ricomposizione di parti selezionate dal laboratorio della memoria, mantengono anche la traccia di quella precedente storia di forme e proprio nella ribalta riservata all’immagine di architetture è da leggersi, mi sembra, la rinnovata istanza di educare lo spettatore a percepire la realtà secondo schemi puramente plastici e razionalmente dimostrabili, divenendo lo spazio immagine stessa della coscienza razionale. Come in un’antica tavola prospettica, il passante chiuso nei suoi pensieri o in transito verso una meta quotidiana diviene così misura e perno di un universo ordinato e percepibile quale sistema logico; mentre la sintesi delle forme, sottolineata da campiture di colore equilibrate nei toni e fra loro armoniche, si dichiara struttura portante di quel mondo nuovo e preservato dall’usura delle convenzioni, e invece destinato a rappresentare il modulo su cui basare la rinnovata visione della realtà come maestra e suggeritrice di essenziali bellezze.

La geometria coordina infatti tutte le componenti del quadro sino a sezionarne la superficie in fasce parallele o in angoli acuti, dove le architetture divengono solide quinte spaziali antiche e moderne a un tempo: la continuità di cui si diceva è dunque norma della rappresentazione così come era avvenuto per le utopie positive che governarono, in tempi di distruzioni e di sciagure, la ricostruzione di città – e Firenze in special modo – prima che una dissennata foga edilizia interrompesse ogni possibile dialogo e coltivata riflessione. Penso, per fare un esempio, alle città ideali di Leonardo Savioli intuite nella loro unità come paesaggio urbano, ipotesi plastiche ricavate dalla meditazione sulla storia poi filtrata dalle scoperte dell’architettura moderna, ma con introversioni e finezze tecniche tali da rendere l’operazione una sorta di esperienza autobiografica.

Nei quadri di Paszkowski la modernità ha, si è detto, una caratura più internazionale ma la matrice memoriale vi funziona comunque da collettore intimo, egualmente fiducioso nella possibile ricongiunzione figurativa di passato e presente verso una ricostruzione oggettiva e rasserenante della nostra scena biografica, in grado appunto di collegare le visioni pierfrancescane alle volumetrie complesse dell’architettura contemporanea.

Del resto, un tema caro e più volte analizzato da chi ha seguito il lavoro di Paszkowski, è lo spazio del museo e, in esso, la figura del visitatore impegnato nella lettura dell’opera: il più delle volte una scultura, quasi a rimarcare la vocazione plastica dell’artista che all’interno di “camere magiche” assolutamente complementari alle volumetrie esterne degli edifici colloca figure in meditazione di fronte alle opere del passato e del presente; non gli abitanti in movimento che misurano lo spazio vitale ma gli stessi che, immobili, esprimono il desiderio di conoscere connotando in questo modo l’altra dimensione dell’umana esperienza e quindi la valenza eminentemente spirituale di uno spazio che da funzionale diventa simbolico.

La memoria, in questo caso, riassembla stanze di museo in cui il giocoliere di Marino Marini, l’idolo etrusco, la scultura di Picasso, il dipinto informale, tracciano un percorso di affezione montato su un set di piani ancora una volta subordinato agli statuti della ragione, anche se l’occhio di luce sul soffitto nero fa pensare a singolari atmosfere notturne, ad una luna elettrica in bilico sull’universo recuperato delle forme.
Firenze, 8 dicembre 2008

"Giovanni Paszkowski. Le forme della memoria

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Giovanni Paszkowski L'ora sospesa
21 settembre - 11 novembre 2006
Museo Marino Marini, piazza San Pancrazio 1, Firenze
Presentazione di Carlo Sisi - L'ora sospesa di Antonio Natali
Senza calma né ansia di Federica Chezzi

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Pagina pubblicata il 12-12-2008 - Aggiornato il 02-Lug-2016