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Firenze

Disegni dal Louvre
Il Rinascimento italiano nella collezione Rothschild

alla Casa Buonarroti dal 27 maggio al 14 settembre 2009

Particolare dei disegni di animali
©www.zoomedia.it vanna innocenti 2009
Particolare dei disegni di animali eseguiti probabilmente in Bottega fiorentina
del secondo quarto del xv secolo. I disegni sono raccolti in 5 bifogli rilegati con
una cordicella e sono esposti nella mostra: Disegni dal Louvre e rappresentano
"il prezioso taccuino Rothschild costituisce una testimonianza eccezionalmente
ben conservata dell’attività grafica all’interno delle botteghe fiorentine a metà
del Quattrocento."

Descrizione di Pascal Torres Guardiola
Conservateur de la Collection Edmond de Rothschild
et de la Chalcographie du Musée du Louvre

La collezione Edmond de Rothschild, o la casa di Asterione

La línea consta de un número infinito de puntos; el plano, de un número infinito de líneas; el volumen, de un número infinito de planos; el hipervolumen, de un número infinito de volúmenes… No, decididamente no es éste, more geométrico, el mejor modo de iniciar mi relato.
Jorge-Luis Borges, El Libro de Arena (1)

Eviteremo in questa sede qualsiasi divagazione estranea all’attività di collezionista del barone Edmond de Rothschild.(2) Supponiamo che il distacco della prospettiva storica permetta di cogliere in modo critico – con un’obiettività affrancata da qualsiasi pregiudizio etico, estetico o politico – il corso di una vita speciale. Studiare la personalità di Edmond de Rothschild (Parigi, 19 agosto 1845-Boulogne, 2 novembre 1934), esaminare i momenti essenziali della sua carriera di collezionista ci riporta allora, di necessità, all’apogeo di quella che possiamo chiamare società borghese, una società che conobbe il suo canto del cigno nel conflitto della prima guerra mondiale per poi dissolversi negli anni trenta rivelandosi una mera illusione, un’interpretazione effimera del mondo.
Il suo periodo di maggior splendore corrisponde cronologicamente all’età dell’oro della famiglia Rothschild, incarnata in maniera spettacolare dal barone Edmond, la cui collezione grafica, donata dagli eredi al Louvre nel 1935,(3) costituisce il segno – probabilmente il più privato, il più notevole – di una vita interamente spesa in un agire guidato, a livello intuitivo, dal desiderio di raggiungere la perfezione, o dall’intima consapevolezza di lasciare un segno nella storia dell’arte occidentale.

Il sogno di raggiungere una forma di perfezione accessibile passo dopo passo, seguendo una logica di accumulazione (per esempio accumulando gli indizi di una presunta verità), era stato messo a nudo in tutta la sua empirica arroganza da Nietzsche, che nel Crepuscolo degli idoli ne svelava il carattere illusorio: «Il mondo vero – inattingibile? Comunque non raggiunto. E in quanto non raggiunto, anche sconosciuto. Di conseguenza neppure consolante, salvifico, vincolante: a che ci potrebbe vincolare qualcosa di sconosciuto?… (Grigio mattino. Primo sbadiglio della ragione. Canto del gallo del positivismo)».(4) Segno dei tempi, o malattia dell’anima aristocratica della Belle Époque, lo spirito del positivismo è connaturato alla logica che presiedette alla formazione della collezione del barone Edmond de Rothschild.
Poteva apparire scontato, in effetti, che il collezionismo enciclopedico cercasse una sorta di rifugio psicologico nella certezza di poter riunire l’insieme degli indizi storici costitutivi di un sapere in costante progresso: un sapere il cui sviluppo, implicando un perfezionamento infinito, si avvicinava per analogia al progresso morale e materiale promesso dall’era industriale. A muoverlo era l’aspirazione a una felicità futura che passava necessariamente per il primato transitorio dei “fatti”, paradigma dell’etica del collezionista allorché questi – La Bruyère ne aveva già inquadrato la psicologia (5) – si pone veramente, da storico, il problema della perfettibilità della propria opera, quando il suo piacere risiede invece nell’allargare sempre più i confini della propria collezione.
Il positivista si pone all’opposto del Democede di La Bruyère, ma rimane egli stesso prigioniero (come ogni collezionista) di questa teoria inquieta della mancanza. Per parafrasare Nietzsche, possiamo dire che il collezionista sceglie un universo che non è compiuto, né potrebbe mai essere concluso, nella misura in cui rimane perfettibile («Comunque non raggiunto. E in quanto non raggiunto, anche sconosciuto. Di conseguenza neppure consolante, salvifico, vincolante»).

Concepita come luogo della manifestazione di una verità, la collezione è necessariamente un luogo ideale, un Mouseion nel senso etimologico del termine. Ma è comunque, prima di essere un tempio delle Muse, un “libro di sabbia” borgesiano.(6) Le Muse, così come gli dèi, hanno abbandonato l’età moderna, che non ammette altra trascendenza che i brancolamenti dell’azione. Per il moderno non si tratta più di ricercare il senso nascosto delle cose, ma di creare senso. La particolare pratica che chiamiamo collezionismo volle dare un fondamento alla storia e creò una disciplina nuova e illusoria: la storia dell’arte. Questa pratica appartiene agli ultimi decenni del xix secolo, quello strano periodo della storia francese in cui il Secondo Impero si muta in Repubblica attraversando sanguinose guerre civili e che precede l’epoca in cui il positivismo sarà sconfitto dalla sua stessa pulsione di morte, che scatenandosi nella barbarie della prima guerra mondiale annuncerà una delle conclusioni possibili della storia della civiltà.
Edmond de Rothschild muore nel 1934. La sua collezione viene donata dagli eredi allo Stato francese nel 1935, e fa il suo ingresso al Louvre sotto il Fronte Popolare… Che il detentore di una delle maggiori fortune economiche mondiali consacri una buona parte della sua vita e della sua attività alla costituzione di un insieme coerente di opere eccezionali non è certo un fatto di poco momento. Questa collezione, che costituisce un corpus di oltre sessantamila opere di primissima importanza, propone un’interpretazione originale della storia della civiltà. È prima di tutto un discorso storico che peraltro non incontrerà il gusto di tutti. Quando, nel quadro dei sequestri dei beni ebraici, destineranno la collezione Rothschild al Führermuseum di Linz, il governo di Vichy e gli occupanti nazisti si dimostreranno totalmente estranei al suo spirito universalistico, interessandosi soltanto della parte relativa all’incisione tedesca. Se la collezione si salvò nella sua interezza fu grazie all’impegno di alcuni conservatori del museo: nascosta in Turenna durante l’occupazione nazista, fece ritorno al Louvre, intatta, dopo la guerra.

Sembrava parlare per sé stesso, Edmond de Rothschild, quando il 13 giugno 1908, durante la seduta dell’Académie des Beaux-Arts, di cui era membro “libero”, rese omaggio a Henri Bouchot: «È il più bell’omaggio che gli si possa rendere», scriveva, «dopo una carriera interamente consacrata alla scienza, ricordare davanti a voi la sua vita e le sue opere … Non appena conclusi gli studi, ottenne al Cabinet des Estampes della Bibliothèque nationale un posto che non avrebbe più lasciato … Ma per Bouchot, come per la generazione che aveva combattuto nel 1870, la vera scuola fu la guerra».(7)
La prima battaglia intrapresa da Edmond de Rothschild fu quella dell’origine. Il suo desiderio era quello di dimostrare che l’origine dell’incisione era un fatto francese, e non tedesco. Così sottolineava André Blum, in un articolo apparso sul «Bulletin de l’Académie des Beaux-Arts» nel 1934: «Per la sua profonda conoscenza di tutte le questioni relative alla storia dell’incisione, nel 1906 il barone Edmond de Rothschild fu chiamato a succedere a Henri Bouchot, già conservatore delle stampe della Bibliothèque nationale, come membro “libero” dell’Académie des Beaux-Arts. Nell’intervento dedicato al suo predecessore, tratta in maniera assai personale il problema dell’invenzione dell’incisione apportando idee originali che gettano una luce nuova su questo argomento. Non cessò mai di approfondirlo ed ebbe più volte occasione di fare su questo tema delle comunicazioni di grande interesse, in particolare su Maso Finiguerra e i niellisti italiani del Quattrocento. A questo proposito, presentò ai suoi colleghi una scelta di stampe tratte dalla sua collezione e destinate a provare le teorie che sosteneva».(8)
Questa nota encomiastica di André Blum potrebbe passare quasi inosservata se non avessimo attirato l’attenzione del lettore sul contesto positivista all’interno del quale Rothschild costituì la sua collezione. La tesi sostenuta dal barone giustificò buona parte dei suoi primi acquisti. Il rifiuto della prepotenza teutonica fu alla base del suo appoggio nei confronti di Henri Bouchot, appassionatamente convinto che l’incisione fosse di origine francese, o quanto meno borgognona. «Lo studio scrupoloso condotto sull’incisione primitiva», scriveva nel 1908, «non avrebbe soddisfatto pienamente le aspettative di Bouchot se non gli avesse permesso di trarne la conclusione che la stampa aveva origini francesi, poiché questo era il suo scopo principale …
Per lungo tempo ci avevano presentato l’arte francese come uno splendido monumento dalle fondamenta fatte di pietre di provenienza straniera. Bouchot è tra coloro che ci hanno insegnato che esse sono state cavate dalla nostra terra, e il suo nome resterà legato a questa opera nazionale».(9)
Edmond de Rothschild illustrò la dimostrazione – certo non conclusiva – dell’origine francese dell’arte dell’incisione per mezzo della sua collezione. Raccogliere pezzi insigni il cui carattere apodittico si rivela grazie al solo fatto di essere riuniti in un tutto ordinato e coerente: questo fu in realtà il senso che il collezionista dette alla sua collezione d’arte grafica, privilegiando sempre nel numero le stampe rispetto ai disegni.

Si è tentati di sottolineare la meticolosità e il rigore del collezionista, celebri e universalmente riconosciuti dai suoi contemporanei. Gli aneddoti abbondano, così come i documenti d’archivio che danno conto della sua tenacia. Così gli scriveva per esempio un grande mercante e appassionato di disegno, Frits Lugt, il 19 marzo 1924 da Vienna:

Signor barone,
il signor Blum vi avrà detto che sono passato da voi, nel mese di febbraio, per parlarvi del disegno colorato del Bellini che si trova in casa del signor Heseltine. Poiché eravate assente, il signor Blum mi ha pregato di ritornare nella seconda metà di marzo.
Il signor Heseltine aveva sempre chiesto 3500 sterline per questa perla della sua sezione italiana e pare che nel 1919 abbia rifiutato un’offerta di 3000 sterline. Dopo le mie reiterate richieste, ha finalmente fissato un prezzo meno elevato, e in febbraio mi aveva concesso un’opzione per quindici giorni al prezzo di 2500 sterline. Data la vostra assenza, l’ho pregato di prorogare la sua offerta fino al mese di aprile e di affidarmi il disegno in quel periodo. Ho fiducia che non me lo rifiuti. Prima di andare a prendere il disegno a Londra per portarvelo, e di disturbare il signor Heseltine, che è molto anziano e finora non ha mai lasciato uscire da casa sua un’opera d’arte per darla in commissione, mi permetto di chiedervi se in linea di principio sareste disposto ad acquistarlo a questo prezzo. Si tratta forse del più importante disegno italiano ancora disponibile e la sua finitezza e la sua freschezza sono squisite.
Vi chiederei su questo prezzo una commissione del 5% e di offrirmi l’opportunità di accordarmi con voi su qualche doppione della vostra collezione. Voi sapete che sono prima di tutto un appassionato e che non faccio affari solo per guadagnare denaro…10

Se il rigore del suo metodo di acquisizione non mostrò alcun cedimento in oltre sessant’anni, le teorie del barone conobbero un’evoluzione, così come le sue dimostrazioni storiche. Il carattere polimorfico della collezione risulta da più di un’erranza teorica, poiché talvolta alle dimostrazioni già conchiuse si oppose qualche falsa pista. Le parole di Vasari che attribuivano la nascita dell’incisione in cavo a Maso Finiguerra nel XV secolo a Firenze, per esempio, ebbero un’influenza determinante nella costituzione della sezione italiana della collezione Rothschild.

Come il pubblico potrà giudicare percorrendo la mostra, questo punto di vista dimostrativo non si tradusse in un atteggiamento esclusivo: all’universalità della bellezza corrispose l’universalità della collezione, in cui l’arte del disegno compete con l’arte dell’incisione. Ma non si può dimenticare la diffidenza che Edmond de Rothschild nutriva nei confronti del disegno. Nella sua opinione – perfettamente conforme, del resto, alla sua epoca – per il disegno le certezze attributive erano minori che per l’incisione o la pittura. Così, gli acquisti privilegiarono le vicende collezionistiche di maggiore prestigio, i pezzi celebri (di Leonardo da Vinci, Paolo Uccello, Pisanello, Raffaello, Dürer, David, Rembrandt…): in poche parole, le più importanti opere di provenienza illustre o le grandi raccolte storiche.
Fatto degno di nota, nel 1904 furono acquistati in blocco, a Parigi, i disegni che l’abate Jean-Louis Soulavie aveva riunito dal 1783 al 1811, sospendendo così un’asta della quale era già stato redatto il catalogo. La passione per la storia si rivela nuovamente: l’inserimento dei pezzi Soulavie nella collezione Edmond de Rothschild non condusse allo stravolgimento dell’ordine stabilito dal precedente collezionista, ma a una citazione del suo pensiero storico. Le note manoscritte di Soulavie furono poste in calce ai supporti di ciascun disegno.
Questa ricerca di grandi raccolte riunite da collezionisti di primo piano e inserite in blocco all’interno della collezione Rothschild lasciava presagire il carattere museografico della collezione stessa, la sua essenza labirintica. I quindici volumi di disegni che riuniscono costumi di balletti e di feste di corte dell’epoca di Luigi XIII e Luigi XIV, per esempio, furono conservati nella loro interezza, senza essere smembrati, nonostante comprendessero capolavori di Bellange (di cui il collezionista non riuscì mai ad acquistare nessuna incisione). Lo stesso accadde per il prestigioso insieme delle due raccolte di Abraham Ortelius, in cui si conservano le impressioni originali delle xilografie di Dürer.
Quanto all’eccezionale nucleo di disegni del Rinascimento italiano esposto in mostra e descritto nel dettaglio in questo catalogo, non potremmo, in questa introduzione generale alla collezione del barone Edmond de Rothschild, commentarne in maniera esaustiva l’importanza.

La nostra unica intenzione, in questa sede, era quella di evocare il carattere labirintico della collezione, un labirinto cui solo la morte del collezionista pose un suggello…
Come confessa il Minotauro di Borges nel celebre racconto dell’Aleph, con l’innocenza propria di ogni mostruosità poetica,(11) la collezione ha probabilmente un numero infinito di porte: «la casa es del tamaño del mundo; mejor dicho, es el mundo».(12) Quale che ne sia la modalità, il discorso storico rivela sempre la sua essenza mitica. La collezione del barone Edmond de Rothschild non poteva fare eccezione.


note
1 «La linea è costituita da un numero infinito di punti; il piano, da un numero infinito di linee; il volume, da un numero infinito di piani; l’ipervolume, da un numero infinito di volumi… No, decisamente non è questo, more geometrico, il modo migliore di iniziare il mio racconto» (trad. it. di I. Carmignani, Milano 2004, p. 98).

2 Basta scorrere gli archivi della segreteria privata del barone Edmond de Rothschild a Londra, nella City, per rendersi conto di quanto tutto sia collegato, tutto si completi, di quanto questa attività tentacolare che mescola finanza, vita privata, mercato dell’arte, impegno storico, ricerca, godimento estetico – piacere e dovere che si intrecciano l’uno nell’altro, intimamente – ci rimandi sempre alla vera chiave interpretativa della pratica collezionistica del barone Edmond de Rothschild: la costruzione di un labirinto.

3 La collezione Rothschild fu donata al Louvre il 28 settembre 1935, con atto notarile firmato dagli eredi del barone e della moglie, morta il 22 giugno 1935. Il testo di questo atto registra la presenza dei figli, James Edmond-Armand de Rothschild, residente a Londra, Maurice Edmond-Charles de Rothschild, senatore del Département des Hautes-Alpes, e Alexandrine Miriam-Caroline de Rothschild, unici eredi, che in memoria dei genitori e conformemente alla loro volontà «fanno donazione immediata e irrevocabile al Musée du Louvre della loro collezione di incisioni e disegni antichi, ovvero tutti quelli che sono rimasti riuniti in cartelle, nonché i disegni e le incisioni incorniciate, gli album e le raccolte di incisioni, i disegni provenienti dalla collezione Soulavie, i libri recanti incisioni e i libri e cataloghi sull’incisione».
La raccolta di disegni francesi del xviii secolo e le stampe del xix secolo non furono incluse nella donazione. La collezione Edmond de Rothschild comprendeva un gran numero di opere grafiche di Moreau il Giovane, Boucher, Fragonard, Watteau: pienamente corrispondenti al “gusto Rothschild”, queste opere di grandissimo pregio sono rimaste in possesso della famiglia. Alcune di esse si trovano a Waddesdon Manor.

4 F. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli [1889], trad. it. di F. Masini, Milano 1970, p. 46.
5 J. de La Bruyère, Les Caractères [1688], “De la Mode”, § 2: «“Vous voulez, ajoute Démocède, voir mes estampes”? et bientôt il les étale et vous les montre … “J’ai, continue-t-il, une sensible affliction, et qui m’obligera à renoncer aux estampes pour le reste de mes jours; j’ai tout Callot, hormis une seule, qui n’est pas, à la vérité, de ses bons ouvrages; au contraire, c’est un des moindres, mais qui m’achèverait Callot, je travaille depuis vingt ans à recouvrer cette estampe, et je désespère enfin d’y réussir: cela est bien rude!”» (trad. it. a cura di F. Giani Cecchini, Torino 1984, pp. 337-338: «“Vuol vedere – aggiunge Democede – le mie stampe?”. E subito ve le sciorina davanti per farvele vedere … “Ho, continua, una gran pena, che mi obbliga a rinunciare alle stampe per il resto dei miei giorni: ho tutto Callot, fuorché una stampa; in verità non è delle migliori, anzi, è una delle peggiori; ma mi completerebbe Callot; da vent’anni le corro dietro e ormai ho perso la speranza di averla; è proprio doloroso!”»).

6 L’aspetto mostruoso di qualsiasi collezione è un Leitmotiv borgesiano. Nel Libro di sabbia lo scrittore argentino definisce con chiarezza questa mostruosità: «L’estate declinava quando compresi che il libro era mostruoso. A nulla valse considerare che era non meno mostruoso di me, che lo percepivo con gli occhi e lo palpavo con dieci dita dotate di unghie. Sentii che era un oggetto da incubo, una cosa oscena che infamava e corrompeva la realtà» (trad. it di I. Carmignani, Milano 2004, p. 102).

7 Il testo dell’intervento di Edmond de Rothschild fu pubblicato a Parigi nel 1908 con il titolo Notice sur la vie et les travaux de M. Henri Bouchot.
8 A. Blum, Le Baron Edmond de Rothschild, estr. da «Bulletin de l’Académie des Beaux-Arts», n. 20, 1934, p. 7.

9 Rothschild 1908, cit., pp. 10-11, 16-17.

10 Londra, New Court, Rothschild Archive, Box 807, 1882-1930, cc. 11-12.

11 Scrive Borges in questo racconto, intitolato La casa di Asterione, a proposito dell’uccisione del Minotauro: «Il sole della mattina brillò sulla spada di bronzo. Non restava più traccia di sangue. “Lo crederesti, Arianna?” disse Teseo. “Il Minotauro non s’è quasi difeso”» (trad. it. di F. Tentori Montalto, Milano 2007, p. 68).

12 «La casa è grande come il mondo; o meglio, è il mondo» (ibid.; la frase in corsivo non compare nell’edizione consultata).

(Indroduzione generale dal catalogo della mostra: "Disegni dal Louvre" ed. Mandragora)


Indice "Disegni dal Louvre"

Indice Casa Buonarroti

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Pagina pubblicata il 22-05-2009 - Aggiornato il 21-Mag-2009