NELLO SPLENDORE MEDICEO. PAPA LEONE X E FIRENZE
(Firenze,
1475-Roma, 1521) - Dal 25 marzo al 6 ottobre 2013
Presentazione della mostra di Monica Bietti
"Il 9 marzo 1513 il nome del
secondogenito maschio di Lorenzo il Magnifico, Giovanni, divenuto cardinale
a poco più di tredici anni, fu pronunciato da venticinque votanti
nel primo conclave per l’elezione del nuovo pontefice dopo la morte
di Giulio II (1503-1513). L’11 marzo di quell’anno, al
secondo scrutinio – all’unanimità – Giovanni de’ Medici
veniva eletto papa col nome di Leone X (“sibi nomen imposuit
Leonem X”).
Il nome prescelto, oltre a evocare predecessori come
Leone Magno, Leone III, Leone IV, coincideva con il leone, detto Marzocco,
fin dal XIV secolo
animale totemico di Firenze, che ne manteneva esemplari vivi a fianco
del palazzo dei Signori. Nel bel saggio di Noemi Rubello, in catalogo,
troviamo
la disamina di quei momenti, seguiti ad anni difficili nei quali Giovanni
era stato costretto ad allontanarsi da Firenze assieme ai suoi familiari.
Le vicende legate alla sua nascita, alla sua educazione, ai progetti
del padre nei suoi confronti sono approfonditi sulle fonti da storici attenti
e puntuali come Vanna Arrighi, Lorenzo Tanzini, Lorenz Böninger,
Stefano Calonaci e da storiche dell’arte e della letteratura del
calibro di Nicoletta Baldini, Nicoletta Pons, Alessandra Mita Ferrero,
Ilaria Ciseri,
che evidenziano questi aspetti culturali, accanto alle passioni musicali,
di cui troviamo un interessante cenno nella breve nota di Paolo Mechelli.
Gli
aspetti storici e politici legati al momento della seconda Repubblica,
delle predicazioni di Girolamo Savonarola, del gonfalonierato di Pier
Soderini, delle alleanze del cardinale con la Spagna, i contrasti con
la Francia
e tutto ciò che fu costruito per il rientro a Firenze per arrivare
ai festeggiamenti durante il carnevale del 1513, a quelli tenuti nel
1514 durante la commemorazione del Santo Patrono e l’ingresso
trionfale del 1515 quando il pontefice venne accolto nella sua Firenze,
sono esaminati
dal punto di vista storico da Paola Benigni e Roberta Menicucci, da
quello artistico da chi scrive e da Elena Capretti.
Grandi disegni poco
noti e interessantissimi assieme ad altre opere
esemplificative danno conto di alcune delle commissioni papali romane
delle quali, con
fare elegante e gradevole, si tratta con competenza nei saggi di
Mauro Mussolin e Francesco Paolo Di Teodoro.
L’ingresso trionfale
e la sua precisa, attenta preparazione, il seguito papale, l’itinerario
che da Roma condusse il pontefice a Firenze, le opere d’arte, le
architetture, i cicli decorativi, gli arredi ecclesiastici, la biblioteca
sono aspetti indagati con precisione da Ilaria
Ciseri, Alessandro Cecchi, Alessio Assonitis, Pietro Ruschi, Josephine
Rogers Mariotti, Anna Rita Fantoni, Ida Giovanna Rao.
Annullata
la costruzione della facciata di San Lorenzo (dei cui progetti si dà conto
nella sede del Museo delle Cappelle Medicee e nella sezione della mostra
presso la Fondazione di Casa Buonarroti con i saggi
di Gabriele Morolli e Pietro Ruschi), nel 1519 il Buonarroti fu
incaricato di progettare, in collegamento col complesso laurenziano,
la Sagrestia
Nuova, sacello delle tombe dei Medici “vecchi” e dei
capitani-duchi, morti in giovane età troncando le speranze
di continuità dinastica.
Nell’architettura di visionario classicismo e nella
statuaria possente (Madonna Medici, Lorenzo duca d’Urbino e Giuliano
duca di Nemours, le quattro Parti del Giorno), Michelangelo raggiunse
apici qualitativi
insuperati; ma la Sagrestia, tra interruzioni e riprese, rimase
incompiuta alla definitiva partenza dell’artista per Roma,
nel 1534. Documenti e opere spiegano la genesi della Sagrestia
Nuova e i testi di Emanuela
Ferretti, Tommaso Mozzati e Vincenzo Vaccaro portano nuovi e
importanti contributi sull’argomento.
Agli autori dei saggi
si aggiungono cinquanta valenti collaboratori. Alle oltre 150
opere esposte nella
mostra corrispondono
altrettante schede nel catalogo, la cui severa, attenta e puntuale
redazione si deve all’opera di Nicoletta Baldini.
Si devono in particolare a Nicoletta Baldini, come co-autrice
del progetto della mostra e co-curatrice del catalogo, un decisivo
apporto scientifico
e uno strenuo lavoro di ‘editing’, che garantiscono
l’alta
qualità del risultato e hanno trasformato il volume da
miscellanea di vari autori a un testo organico.
A memoria della
mostra rimarrà infatti un vero e proprio ‘libro-catalogo’ di
grande densità e ricchezza, grazie alla varietà degli
argomenti e delle immagini, in alcuni casi concesse liberamente
come quelle dei Musei
Vaticani e dei Musei Civici fiorentini, immagini per le quali
va la nostra gratitudine rispettivamente ad Antonio Paloucci
e Serena Pini.
Una particolare attenzione alla grafica e un imponente apparato
illustrativo di supporto agli scritti caratterizzano questa edizione,
per la quale
sono grata a Maddalena Paola Winspeare e Laura Belforte e ai
redattori Giulia
Bastianelli e Nicola Bianchini.
Avremmo voluto l’apertura
di questa mostra l’11 marzo, a cinquecento
anni esatti dall’elezione del primo papa Medici al soglio
pontificio. L’imponente lavoro ci ha fatto slittare fino
al 25
marzo, data comunque simbolica per Firenze quando, per
molti secoli e fino alla legge leopoldina,
iniziava il nuovo anno ab Incarnatione.
Una mostra dedicata a
un pontefice che, come titola Cristina Acidini il suo vivace
e stimolante saggio, ebbe “radici a Firenze” e portò “frutti
a Roma”.
Una mostra che ha un punto di vista molto preciso:
Giovanni cardinale, poi papa Leone X visto da Firenze, prima
e durante il suo pontificato, il suo debito verso la cultura
umanistica appresa nel Giardino
di San Marco, gli sviluppi dell’amore per l’arte
e per il collezionismo con indicazioni sintetiche sulle sue imprese
romane e un approfondimento
su quanto volle per la sua città, per la sua chiesa, per
la sua famiglia.
Una mostra all’interno della sua chiesa,
San Lorenzo, nel cui complesso ingrandito e abbellito dai due
papi Medici (Leone X
e poi Clemente VII) e dai successori di casa Medici trovano
posto le opere che illustrano, in un percorso cronologico, scandito
da temi di
approfondimento, le vicende storiche e umane di un giovanissimo
cardinale esiliato, divenuto papa a trentotto anni e morto a
quarantasei, nel 1521.
Le opere integrano ed esaltano – permettendo una nuova
e approfondita lettura – le architetture e le sculture
di Michelangelo, iniziate su commissione del primo papa Medici
e terminate grazie al secondo. Una
cornice unica per una mostra di grande responsabilità,
come questo impegnativo catalogo dimostra: una mostra che crediamo
possa dare nuova
luce a un periodo storico complesso e sotto molti aspetti decisivo
per la storia d’Italia e d’Europa.
È
un gradito dovere sottolineare come, nel trattare di temi storici
e storico-artistici fiorentini compresi tra l’ultimo
Quattrocento, con la cacciata dei Medici e il rogo del Savonarola,
e la riaffermazione medicea, fino alla
morte di Leone X, sia stata fondamentale – tanto da
essere per noi un punto di partenza ineludibile – l’esemplare
mostra intitolata: “L’officina
della maniera. Varietà e fierezza nell’arte fiorentina
del Cinquecento fra le due repubbliche 1494-1530”,
che si tenne agli Uffizi nel 1996 e che fu accompagnata da un
memorabile catalogo curato
da Alessandro Cecchi, Antonio Natali, Carlo Sisi.
L’omaggio
a Leone X è implicitamente l’omaggio
a Lorenzo il Magnifico che, come è delucidato nei saggi
in catalogo, fu l’artefice della politica che portò il
figlio Giovanni a divenire cardinale in giovanissima età avviandolo
al pontificato: una strada incredibile, quella percorsa in poche
generazioni dai Medici,
che dopo essersi inurbati in Firenze dal contado mugellano e
aver raggiunto con Cosimo il Vecchio le vette di un potere occulto
e di una ricchezza
senza pari, con Lorenzo il Magnifico seppero creare i presupposti
per affermarsi nello scenario internazionale con due papi e due
regine di Francia.
Per presentare al pubblico del Museo delle
Cappelle Medicee il ‘personaggio’ Leone X,
come Medici e come pontefice, l’approccio più naturale
e praticabile è subito
parso quello di valorizzarne le testimonianze artistiche, puntualmente
integrate da documenti archivistici e librari, concentrando prevalenti
seppure non esclusive attenzioni sulla parte ‘fiorentina’ del
suo papato e alludendo in filigrana alla parte ‘romana’ di
esso. Ma anche solo per portare in mostra gli argomenti della
sua committenza legata alla città natale, le difficoltà non
sono state né poche
né piccole.
Si trattava di ottenere capolavori assoluti
di Michelangelo e di Raffaello: opere che, per ovvi motivi, non
possono essere
spostate.
La soluzione è stata trovata con l’attivazione
di una sezione della mostra presso la Fondazione di Casa Buonarroti,
grazie alla disponibilità di
Pina Ragionieri, e con il collegamento – in termini di
segnalazioni in loco – di opere inamovibili come il Ritratto
di Leone X di
Raffaello nella Galleria degli Uffizi (che solo da pochi mesi
troneggia nel nuovo allestimento), l’appartamento papale
in Santa Maria Novella, il Salone di Giuliano da Sangallo nella
Villa del Poggio a Caiano e le
stanze a lui dedicate in Palazzo Vecchio: opere e luoghi che,
nel loro insieme, costituiscono un vero e proprio itinerario
leonino in città e
nel territorio, uniti dalla sapiente grafica di Bernardo Delton.
Fra
le assenze, una delle più dolorose è la copia del
ritratto di Raffaello fatta da Andrea del Sarto su commissione
di Ottaviano de’ Medici
per Federico II Gonzaga, che aveva ottenuto da papa Clemente VII
di poter avere in dono l’originale di Raffaello. Allo scopo
di poter conservare a Firenze il dipinto, Vasari riferisce, che
ne fu fatta una
copia identica: un vero e proprio falso d’autore che è ora
conservato a Napoli presso il Museo di Capodimonte. Della vicenda
narra compiutamente Francesco Di Teodoro e molto ci siamo adoperati
per l’arrivo
di questo dipinto così importante, ma la sua venuta è stata
impossibile per il precario stato di conservazione dell’opera.
La generosità dei moltissimi prestatori da Firenze e da
molte parti d’Italia e del mondo, ai quali va in queste
poche righe la nostra più sincera gratitudine, ha permesso
la presenza di opere di straordinario rilievo, qualità e
prestigio come ad esempio il Ritratto di Giovanni cardinale eccezionalmente
prestato dal Victoria and Albert Museum di Londra
in ragione dell’importanza della mostra: un busto policromo
impressionante per il naturalismo spregiudicato e l’espressività inusitata,
non a caso scelto come immagine simbolo per i manifesti e per
la copertina del catalogo.
Fra i molti tesori e capolavori presenti,
si cita anche il
coprileggio del Parato Passerini per il quale ringrazio le autorità ecclesiastiche
e civili preposte ma anche, e soprattutto, la competente disponibilità di
Susanna Conti che, grazie a un sopralluogo congiunto, ha valutato
la possibilità di
spostare il delicatissimo manufatto e ha iniziato ad analizzare,
studiare e vagliare con Marco Ciatti un possibile progetto di
restauro dell’intero
complesso parato cinquecentesco.
La mostra dedicata a Leone X
non si è limitata al momento ‘effimero’ e
a quello di approfondimento scientifico, ma è stata occasione
per una serie di migliorie che valorizzano in maniera permanente
il Museo:
dalla nuova ed efficace illuminazione della Sagrestia Nuova di
Michelangelo, all’intervento di manutenzione di una parte
del parato marmoreo della stessa, alla spolveratura delle sculture,
all’esposizione permanente
del magnifico coronamento che Michelangelo pose a conclusione
della cupola e della lanterna della medesima sagrestia, studiato
da Vincenzo Vaccaro,
che dopo la mostra verrà esposto nel ‘lavamani’ destro,
anch’esso restaurato e illuminato per la mostra.
Solo la
rinnovata esposizione degli stupefacenti reliquiari del tesoro
di San Lorenzo, oltre
a fornire una doviziosa testimonianza leonina che ‘giustifica’ la
mostra stessa ed è alla base della sua filosofia, costituisce
attrattiva permanente per il museo.
Sempre fra i ‘benefici’ duraturi
sono la revisione della segnaletica didattica e il restauro di
alcune opere
esposte in mostra, alcune fiorentine, ma anche di altre provenienze
(si veda elenco restauri nel colophon).
La mostra si è avvalsa
di un ristretto, ma efficace comitato scientifico di cui fanno
parte (oltre al Soprintendente, alla scrivente e a Nicoletta
Baldini) Anna Rita Fantoni e Ida Giovanna Rao, responsabili della
scelta dei manoscritti miniati leonini posti nella sezione dedicata
alla biblioteca
del papa; Mauro Mussolin cui si deve la scelta architettonica,
Pietro Ruschi, curatore della sezione dedicata ai giovani condottieri
Giuliano e Lorenzo
nella Sagrestia Nuova e anche della sezione della Facciata di
San Lorenzo presso la Fondazione di Casa Buonarroti, mentre Gabriele
Morolli, ha seguito
quella presso il Museo delle Cappelle Medicee.
Per tutto questo
sono grata al Soprintendente Cristina Acidini che ha creduto nel progetto
e ci ha accompagnate durante tutte
le fasi
del pensiero,
da
quello embrionale a quello definitivo, entrando nel merito
delle scelte e condividendole fino all’allestimento.
Il clima di
intelligente collaborazione che ha unito il progetto scientifico a quello
espositivo è stato portato avanti, come si legge nelle
note di allestimento, da Cristina Valenti con Andrea Niccolai
e la collaborazione di Niccolò Bellini. Sono grata a Giulia Coco
che ha tenuto la segreteria scientifica in maniera esemplare e mi ha
alleviata da moltissimi impegni,
specie nel momento in cui sono stata costretta a casa per
un brutto incidente; come sono debitrice a Francesca Fiorelli che, per
sua
scelta, non risulta
fra i collaboratori della mostra, ma di fatto si è sobbarcata
il quotidiano in mia assenza e durante il fervere di questo
lavoro.
Un particolare pensiero va a Monsignor Angiolo Livi,
priore mitriato dell’Insigne
basilica di San Lorenzo e Monsignor Fabrizio Porcinai, responsabile
in solido della medesima basilica, per aver accettato di
ospitare la manifestazione
dell’inaugurazione nella chiesa e aver permesso l’esposizione
sul sagrato esterno di un grande capitello creduto, su proposta
di Gabriele Morolli, parte della facciata di Michelangelo
per San Lorenzo.
Data la presenza della mostra, quest’anno
non sarà possibile
allestire il Santo Sepolcro nella Cappella dei Principi ma,
d’accordo
con i prelati prima ricordati, lo si allestirà nella
Sagrestia Nuova permettendo ai fedeli e ai visitatori di
riacquisire in quella occasione
il passaggio antico della chiesa, restituendo per una sera
alla preghiera uno dei luoghi più evocativi e straordinari
che l’arte abbia
prodotto.
Per tutti questi accordi d’intesa generale
e per molti progetti operativi sono debitrice verso l’Opera
Medicea Laurenziana, che ringrazio nella persona del presidente
Fernando Lombardi, sempre vicino
con sensibilità e disponibilità.
Ogni esposizione ha dietro le quinte moltissime persone che
non appaiono, ma il cui ruolo è fondamentale per raggiungere
il risultato: i custodi, i tecnici, le ditte, i cui nomi
spero di non aver dimenticato nella tabula
gratulatoria. A tutti, anche a chi fosse stato per un disguido
omesso, va il mio grazie profondo per essersi impegnati per
la buona
riuscita di tanto lavoro."
Monica Bietti Direttrice del Museo delle Cappelle Medicee
©www.zoomedia.it - vanna innocenti 25 marzo 2013
Nell'immagine si vede il margine inferiore del primo foglio, con la ghirlanda
dorata intorno allo stemma mediceo sormontato dal cappello cardinalizio,
del manoscritto "vergato in umanistica corsiva" e in versione
latina moderna di Marsilio Ficino. Le miniature sono di Attavante degli
Attavanti.
Il
volume è uno dei più significativi della raccolta di Giovanni
dei Medici.
"Nello splendore mediceo.
Papa Leone X e Firenze"
Nella
ricorrenza dei cinquecento anni dall’elezione al
soglio pontificio,
di Leone X, primo papa mediceo
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