Il Volto di Michelangelo a
cura di Pina Ragionieri.
C. s.
"L’interesse per l’argomento è naturale per chi,
lavorando all’interno del museo della Casa Buonarroti, per così dire
all’ombra
di Michelangelo, dei ritratti dal vero del Maestro ne può vedere in
originale ben quattro (che saranno tutti esposti in questa mostra); e sono
i dipinti di
Giuliano Bugiardini e di Jacopino del Conte, la medaglia di Leone Leoni e quel
vero, emozionante ritratto dell'anima che è il busto in bronzo di Daniele
da Volterra. Ma nella bibliografia michelangiolesca sono tutt’altro che
numerose le voci che interessano il nostro discorso; ed è con ogni probabilità da
confermare l’opinione secondo la quale alla base della situazione sta
l’avversione
dell’artista a ritrarsi e ad essere ritratto, come testimoniano gli antichi
biografi. Al succinto elenco si possono fare poche aggiunte, tra le quali spicca
l’acquerello di Francisco de Hollanda, immagine singolarmente domestica
di un Michelangelo più che sessantenne, che evoca alla nostra memoria
le conversazioni di San Silvestro presiedute da Vittoria Colonna, e in parte
trascritte dall’allora ventunenne portoghese. Questo raro ritratto presenta
Michelangelo con in testa un cappello con breve tesa, accessorio di abbigliamento
all’origine di tutta una serie di ritratti ed incisioni, sicuramente
da riferire al prototipo di Jacopino, ma recanti un copricapo simile a quello
dell’acquerello
di Francisco.
Si può dire che le altre immagini di Michelangelo sono derivazioni dai
prototipi qui indicati. Incisioni e immagini cinquecentesche, numerose data la
fama di Michelangelo, furono elencate in numero di circa cento da Ernst Steinmann,
lo studioso che all’inizio del secondo decennio del Novecento scandagliò coraggiosamente,
con serietà scientifica e in gran parte di prima mano, l’argomento,
concludendo con le immagini di primo Seicento della “Galleria” della
Casa Buonarroti. Benemerito, in che misura non staremo qui a ripetere, degli
studi michelangioleschi, lo storico dell’arte tedesco fu coinvolto nel
1911 nelle celebrazioni del cinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia.
Ci furono iniziative in tutto il paese; nella capitale si svolse la grande Esposizione
internazionale di Roma a Valle Giulia, e alla sua ombra fiorirono molte altre
iniziative, tra le quali, a Castel Sant’Angelo, le cosiddette “Mostre
retrospettive”. Qui lo Steinmann collaborò alla prima e, a quanto
sappiamo, ad oggi unica, mostra di ritratti michelangioleschi, con una competenza
di lunga data che sarebbe confluita nella sua monumentale opera sullo stesso
tema pubblicata nel 1913.
L'argomento affrontato dalla nostra mostra presenta dunque un indiscutibile
carattere di novità.
Ma l’immagine di Michelangelo ci è tramandata anche da un altro
genere di ritratto: come per altri grandi, e non solo della storia dell’arte,
la sua fisionomia fu infatti riprodotta da artisti a lui contemporanei, conferendone
le caratteristiche a personaggi effigiati in scene d’insieme; e qui soccorrono
molti esempi, tra i quali basterà ricordare il Raffaello della Stanza
della Segnatura in Vaticano, o il Vasari del Salone dei Cinquecento in Palazzo
Vecchio a Firenze: opere non trasportabili che in mostra saranno evocate con
il tramite di elaborazioni digitali.
Sono presenti in mostra alcune immagini contemporanee al Maestro, e conseguenza
della sua fama, che si collocano tra l’aneddoto e la fantasia: proviene
dal British Museum una rarissima e bella incisione che ritrae, in meditazione,
il Michelangelo ventitreenne del primo soggiorno romano e della Pietà di
San Pietro; una pagina di una preziosa cinquecentina mostra “Michael Fiorentino” che
scolpisce, seminudo e con gran foga, una statua femminile nella quale si volle
riconoscere l’Aurora della Sagrestia Nuova. Dopo la scomparsa dell’artista,
alla soglia degli anni ottanta del secolo, in un piacevole quadro della Galleria
Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini, anch’esso presente in mostra,
Federico Zuccari dipinge il fratello Taddeo mentre dipinge la facciata di palazzo
Mattei, intanto che Michelangelo, nel corso di una delle sue consuete passeggiate
per Roma, si sofferma a osservarlo.
È
noto che Michelangelo raffigurò se stesso assai raramente. Citiamo qui
l’autoritratto inserito nella pelle scorticata del San Bartolomeo del Giudizio
finale sistino, e il volto sereno, al di là di ogni dolore, del Nicodemo
della Pietà del Museo dell’Opera del Duomo a Firenze: altri due
casi in cui aiuterà il visitatore l’elaborazione digitale. Sono
situazioni abbastanza sporadiche ed eccezionali, che ci permettono di comprendere
perché è divenuta nei secoli proverbiale la ritrosia dell’artista
a effigiare gli altri e se stesso: lo dice il Vasari, e non bastano a contraddirlo
i due esempi di autoritratto or ora citati, né la distrutta statua bronzea
di Giulio II, né il ritratto perduto del bellissimo Tommaso Cavalieri,
né le effigi di Pietro Aretino e di Biagio da Cesena che si riconoscono
in quello spietato affresco di eterna salvazione e condanna che è il Giudizio
finale. E infatti i due antichi biografi preferirono ritrarre il Buonarroti tramandandone
le fattezze per iscritto: il Condivi (1553) mischiando caratteristiche fisiche
con tendenze, abitudini e pensieri, il Vasari, nell’edizione giuntina del
1568, copiando senza remora alcuna la descrizione del collega, fin nei particolari
di certe pagliuzze fra l’oro e l’azzurro negli occhi del Maestro.
Il nostro discorso non si ferma però ai contemporanei di Michelangelo,
anche perché visitando la mostra all'interno della Casa Buonarroti si
potrà ammirare la sala al primo piano del museo detta “Galleria”,
nella quale il pronipote di Michelangelo organizzò un omaggio al grande
avo, a circa cinquant’anni dalla sua morte, ricordandone virtù pubbliche
e private in una serie di opere affidate agli artisti di maggior rilievo operanti
nella prima parte del Seicento a Firenze.
Giungeranno in Casa Buonarroti rari esempi di ritratti secenteschi e settecenteschi:
il visitatore potrà ammirare una splendida immagine di Michelangelo
eseguita nel 1618 da Antonie van Dyck, proveniente dalla Devonshire Collection
di Chatsworth.
Non mancheranno riferimenti al mito di Michelangelo creato dal romanticismo
storico, tanto piacevole e immaginifico che proprio di qui partirà il
percorso espositivo: disegni, incisioni, sculture, medaglie e dipinti accompagneranno
il visitatore, in un viaggio a ritroso nel tempo, a cominciare dall’Ottocento
per giungere alla fine della mostra alle immagini eseguite quando il Maestro
era ancora in vita. Catalogo: Mandragora Editore
Alla Casa Buonarroti
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concluse
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